Gentiloni e Padoan brindano a stime Fmi

Un “lancio spaziale”. Una revisione“gigantesca”. Paolo Gentiloni e Pier Carlo Padoan, entrambi solitamente cauti nel rivolgersi alla stampa, abbandonano per una volta i toni pacati e, dopo le nuove stime del Fondo monetario internazionale sulla crescita del Pil italiano, con un balzo dell'1,3% nel 2017, non nascondono la loro soddisfazione. Questa volta la previsione del Def di una crescita all'1% potrebbe infatti essere rivista davvero al rialzo, se è vero - come si augura il ministro dell'Economia - che le riforme e le misure pro-crescita, grandi e piccole, messe in campo dal governo stanno cominciando a produrre i loro effetti.

Mettere a punto la manovra in un quadro di maggiore crescita, e (a questo punto) di maggiore stabilità politica, faciliterà del resto non poco il lavoro d'autunno. Non solo perché le risorse a disposizione potrebbero essere di più, ma anche perché l'Italia potrà giocare su un piano più paritario con i partner europei e potrà probabilmente anche abbandonare quella che Padoan definisce la sensazione di "urgenza", che spesso compromette le scelte e la visione politica della situazione, spingendo verso un rischioso "sentimento di inevitabilità" che va invece pienamente respinto.

Rassicurato dalla fotografia del Fondo e in vista dell'ormai probabile via libera alla richieste italiane sul deficit anche da parte dell'Ecofin di venerdì, il titolare del Tesoro approfitta per rivendicare la sua filosofia e il suo modo di fare. L'urgenza di agire va quindi sempre conciliata con la pazienza di aspettare i risultati, così come la necessità di ridurre il debito va coniugata con quella di facilitare la crescita. Il tutto "senza sbattere i pugni sul tavolo", ma dimostrando, come Paese, di fare il proprio dovere e di rispettare le regole. È così che l'Italia è sul punto di ottenere l'ok allo sconto sulla correzione strutturale dell'anno prossimo, che ridurrà a 4-5 miliardi il peso delle clausole di salvaguardia. La manovra 2018 partirà dunque da lì, dal disinnesco di 9 miliardi in meno, a cui aggiungere un paio di miliardi di spese indifferibili e - con ogni probabilità - qualche misura espansiva.

Aggiornato il 14 giugno 2017 alle ore 15:56