Banche venete: il governo chiama Intesa e Unicredit

Il governo torna a bussare alle banche italiane per evitare il bail-in della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. E da parte del sistema bancario arrivano cauti, anche se non unanimi, segnali di apertura a considerare un nuovo contributo, dopo i 3,5 miliardi iniettati dal fondo Atlante e ormai “bruciati” a causa delle pessime condizioni in cui versano le due banche.

Intesa Sanpaolo e Unicredit, i principali istituti bancari del Paese, sarebbero disponibili a valutare un nuovo esborso nell’ambito di un intervento che coinvolga anche il sistema bancario, magari “imbarcando” Poste e Cdp (il cui statuto vieta però investimenti in aziende in perdita), in modo da contenere gli oneri a carico dei privati, al momento fermi agli 1,2 miliardi chiesti dalla Dg Concorrenza della Commissione Ue.

“Si sta lavorando per cercare una soluzione” ha confermato il direttore generale di Unicredit, Gianni Franco Papa, a margine del convegno Industry 4.0 organizzato dall’Ansa. “La situazione è delicata, dobbiamo evitare elementi di ansietà. Vediamo quali sono le soluzioni che deriveranno” ha aggiunto il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia. All’interno del sistema bancario non tutti sembrano disponibili ad aprire ancora il portafoglio. Tra i più freddi c’è Ubi Banca, che avrebbe più di una difficoltà a spiegare agli investitori perché parte dei 400 milioni chiesti al mercato per finanziare l’acquisto delle good bank debbano essere dirottati al salvataggio dei veneti. Ma anche altri - come Banco Bpm o Bper - schiverebbero volentieri l’ennesimo obolo. Si tratterà di vedere se il ‘muro’ delle banche - alcune delle quali affermano di non essere state contattate - reggerà alla moral suasion del Tesoro che, per bocca del ministro Pier Carlo Padoan, ha escluso il bail in e lavora alla ricapitalizzazione precauzionale.

 A spingere per un intervento di sistema - spiega chi cerca una soluzione - è la considerazione degli effetti che un fallimento delle banche venete provocherebbero al tessuto economico e alle ripercussioni sull’intero sistema bancario italiano. Si ipotizzano fino a 11 miliardi di euro di costi a carico del sistema per ripagare i piccoli depositanti e gli altri creditori. Non è invece sul tavolo una soluzione sul modello ‘spagnolo’, come l’acquisizione del Banco Popular ad opera del Santander. L’ipotesi di un salvataggio della Popolare di Vicenza da parte di Unicredit e di Veneto Banca da parte di Intesa viene esclusa categoricamente da fonti vicine al dossier, a causa degli alti costi. Equita Sim, ipotizzando 3,6 miliardi di oneri di ristrutturazione, giudica l’ “impatto finanziario gestibile” ma sgradito al mercato in quanto “aumenterebbe il profilo di rischio di entrambe le banche”. “Non faccio paralleli o legami tra casi, ogni caso viene valutato nel suo merito” ha detto il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis. “Le autorità italiane hanno richiesto di lavorare sulla ricapitalizzazione preventiva, ma il lavoro è in corso”.

Il tempo però stringe: i cda delle due banche sono sulla graticola e potrebbero gettare la spugna se non venisse trovata una soluzione a breve. E c’è chi guarda per una soluzione alla deadline del 21 giugno quando Veneto Banca dovrà decidere se rimborsare un bond subordinato da 150 milioni, che il mercato dà già per spacciato e prezza la metà del suo valore.

Aggiornato il 09 giugno 2017 alle ore 18:36