Ridurre il debito pubblico, che grande notizia

venerdì 2 giugno 2017


Certo che se il Governatore Ignazio Visco non ci avesse detto dell’importanza di ridurre drasticamente il debito pubblico e che senza consumi la produttività è indipendente dal costo del lavoro, noi da soli non ci saremmo mai arrivati.

Insomma, che dire dei soliti pistolotti del vertice di un organismo fra quelli che di responsabilità nella storia politica, economica, finanziaria in Italia ne hanno eccome. Non bisogna dimenticare, infatti, che solo da noi è potuto accadere che una Banca centrale offrisse ripetutamente le più alte cariche della Repubblica e dell’esecutivo negli anni, anzi nei decenni.

Una cosa simile non è mai accaduta in Francia, Germania, Inghilterra, Spagna, mai dai vertici delle Banche centrali si è passati ai vertici dell’esecutivo e del Paese.

Meno che mai è potuto accadere in quei Paesi come il nostro dove l’opacità, i dissesti, gli intrecci singolari e poco chiari fra politica e mondo bancario, sono stati troppi e gravi. Dunque anche Bankitalia prima di tutto dovrebbe, per un verso guardare in se stessa e per l’altro affrontare una profonda ristrutturazione strutturale e organizzativa. Ancora di più dovrebbe farlo a proposito di riforme, allorché con l’istituzione dell’Euro i compiti delle Banche centrali sono diminuiti e cambiati.

Dalla creazione della Banca centrale europea, infatti, tutte le Banche centrali hanno spostato la loro operatività essenzialmente in materia di controllo e vigilanza sugli istituti di credito. Controllo e vigilanza che nel caso italiano, vista l’enormità di mezzi e uomini di cui dispone Bankitalia, dovrebbe funzionare non alla perfezione ma di più. Al contrario, invece, molti sono i dubbi e le perplessità intorno a episodi di cui ancora si fa fatica a capire il perché siano stati possibili. Al netto di tutto questo, condividiamo ovviamente le raccomandazioni del Governatore Visco, perché sono sia di buon senso e sia scontate, per chi abbia a cuore spassionatamente le sorti del Paese.

L’Italia, infatti, non può accingersi al 2018 né senza un Governo nuovo sostenuto da una maggioranza ampia e coesa, né senza un programma rivoluzionario rispetto agli zuccherini precedenti. Debito, fisco, giustizia, apparato pubblico, Statuti speciali, welfare, sono capitoli che oramai più che di una riforma hanno bisogno di una rivoluzione in senso liberale, sostenibile e trasparente ed efficiente. Solo così potrà esserci futuro, altrimenti finiremo in un cul-de-sac di sacrifici, povertà e tartassamenti tali, da far invidia alla Grecia.


di E. Rossi e A. Mosca