Banche popolari, vicenda in chiaroscuro

Che il ministro Maria Elena Boschi si sia interessata alle sorti di Banca Etruria non è uno scandalo: poteva – e forse doveva – farlo, per motivi familiari (che non sono necessariamente illegittimi) e per motivi istituzionali, come factotum di Matteo Renzi. In questa ottica, però, non si spiega allora come il ministro in questione abbia sempre rifiutato, reiteratamente, ogni contatto con la rappresentanza delle Banche popolari, come se a queste ci si potesse interessare privatamente ma non pubblicamente (tra l’altro, sostenendo che la competenza spetterebbe al ministero dell’Economia).

Questa delle Banche popolari è davvero una vicenda dai contorni chiaroscuri, dunque, sotto più profili. L’ex premier Renzi, ad esempio, sostiene ora che chiarirà tutto – per la vicenda Boschi-de Bortoli – in sede di Commissione d’inchiesta e, a suo tempo, aveva su un quotidiano addirittura invocato l’istituzione della Commissione, per una verifica sul suo provvedimento di legge contro le Banche popolari: ma gli emendamenti tesi a stabilire che la Commissione dovesse occuparsi della legge Renzi-Boschi di riforma di queste banche sono poi stati tutti respinti dal suo partito sia alla Camera – tanto in Commissione che in aula – che al Senato in Commissione (in aula devono ancora andarci, e qua Renzi – anche da segretario pienamente in carica, oggi – potrebbe ancora intervenire; né l’urgenza di varare la Commissione lo vieta: prima di tutto, perché è più importante chiarire questo che altro; e poi, perché se non figura espressamente tra i compiti dei commissari, l’argomento Popolari sarà del tutto saltato, certamente). Tra l’altro, i comportamenti del ministro Boschi da una parte e di Renzi dall’altra, potrebbero oggi (anche quanto ai motivi – da indagare – che spinsero a rieditare un provvedimento del fascismo contro le Popolari, a parte l’indagine giudiziaria su chi da ciò trasse profitto) i comportamenti Boschi-Renzi, dicevo, potrebbero avvalorare la tesi che la “riforma” si volle comunque fare per dimostrare all’opinione pubblica che non si aveva timore di andare contro le Popolari nonostante la posizione famigliare nell’Etruria (e questo, anche con riguardo a come si atteggiò il Governo Renzi a proposito dell’applicazione, addirittura anticipata, del bail-in alle famose 4 banche – 3 Casse e una Popolare, proprio la sola Etruria – atteggiamento che sacrificò a esigenze a tutt’oggi sconosciute la reputazione dell’intero sistema bancario, o quasi, con un disdoro per lo stesso che ad oggi è tutt’altro che rimediato e chissà quando lo sarà mai).

Al di là della vicenda nata in questi giorni dall’opera di uno stimato giornalista, è comunque un fatto che la Commissione d’inchiesta sarebbe oggi in grado (essendosi oramai svolte le assemblee delle Popolari trasformate, salvo le due Popolari che dalla riforma hanno saputo, e potuto, starne fuori) la Commissione d’inchiesta – dunque – sarebbe oggi in grado di valutare a chi l’attuazione della riforma abbia giovato. Ormai, al proposito, le cose si fanno vieppiù chiare nonostante persistenti opacità che impediscono di conoscere sino in fondo i dettagli partecipativi degli azionisti dei fondi: la legge contro le Popolari ha giovato al capitale straniero, così che oggi il sistema bancario è, con una modalità o l’altra, in gran parte in mano ai fondi d’investimento e speculativi esteri (per la maggior parte statunitensi, ma anche europei), con i risparmiatori italiani che sono stati cacciati dalle loro banche per essere rimpiazzati da “governatori” stranieri – più o meno velati – con conseguenti problematiche (di cui peraltro nessuna parla) anche sulla possibile stabilità del nostro sistema bancario, non appena i nostri interessi non collimassero, per un verso o per l’altro, con quelli dei Paesi interessati alle (e maggioritari nelle) nostre banche.

Un argomento sul quale bisognerà che, chi può e deve, intervenga prima o dopo, e sul quale converrà in ogni caso ritornare.

(*) Presidente Assopolari

Aggiornato il 18 maggio 2017 alle ore 20:46