Colpa dell’Italia, non dell’Euro

Sotto il regno dell’euro, dal 2002 al 2016, l’Italia ha goduto di saggi d’interesse e d’inflazione favorevolissimi, mai registrati in passato. Ebbene, questa ideale stabilità monetaria, diretta conseguenza dell’adesione all’euro, com’è stata sfruttata per il bene della nazione? Ecco come: nel 2002 il debito pubblico era 1368 miliardi di euro. Nel 2016 il debito è salito a 2252 miliardi, il più alto della storia. Nel 2002 il rapporto debito/Pil era il 105 per cento. Nel 2016 il rapporto ha raggiunto il 135 per cento.

Quando i fatti smentiscono la politica, il savio conclude che bisogna cambiare la politica mentre il pazzo insiste che occorre ignorare i fatti. Governi e Parlamenti hanno illuso i cittadini, che per parte loro erano ultradesiderosi d’esserlo (Vulgus vult decipi, ergo decipiatur!). L’inganno stava e sta in ciò, che con l’euro avremmo risolto tutti i nostri problemi, miracolosamente, anche senza realizzare le profonde riforme strutturali invece comunque indispensabili, con l’euro o senz’euro.

Adesso governanti e parlamentari, chi più chi meno, alimentano una seconda più grave illusione, secondo la quale la virtù finanziaria dell’Italia verrebbe riconquistata abbandonando l’euro o edulcorandolo o affiancandolo con seconde monete e tornando così alle svalutazioni competitive, cioè ricadendo nel vizio dei bilanci in perdita e del debito in crescita: il vizio da cui l’euro avrebbe dovuto emendarci, di per sé. La verità è dunque incontrovertibile: fummo viziosi senza l’euro, siamo stati viziosi con l’euro. Perciò, invece di ricusare la buona moneta in tasca dovremmo ripudiare le idee bacate in testa e la politica che esse producono. Ma l’aver praticato gli stessi vizi sotto l’euro ha costituito un doppio peccato, perché ci era stata gettata la cima di salvataggio.

A riguardo, Pierpaolo Benigno e Lorenzo Infantino hanno scritto impeccabilmente: “Più che all’euro, bisogna allora volgere lo sguardo a quel che non è stato fatto. E ciò spinge a dire che, se c’è stato un errore, forse è quello commesso da coloro che ci hanno ‘donato’ una moneta troppo buona, che ci ha consentito di presentare i bassi saggi d’interesse e d’inflazione come una nostra conquista. Di qui il furbo sottinteso che qualunque riforma del Paese sarebbe stata ormai superflua (corsivo mio). Ma la crisi ha scoperchiato le cose e ci ha posto nudi davanti ai nostri problemi. Ciò significa che noi, non diversamente dalla Grecia, non meritavamo di avere la moneta che ci è stata ‘donata’. E ora siamo anche capaci di scagliarci contro l’euro, per rimpiangere i tempi in cui si stava peggio e per sognare di tornare a star peggio”.

Mentre i Governi e i Parlamenti succedutisi sotto il regno dell’euro ne dissipavano tutti i potenziali vantaggi, fino a generare l’emergenza finanziaria tamponata da Monti, la stabilità monetaria determinata dall’euro, e solo dall’euro, salvaguardava i redditi di lavoratori e pensionati e i risparmiatori. Sono queste categorie che subirebbero un devastante impoverimento dalla svalutazione selvaggia conseguente all’abbandono dell’euro.

Aggiornato il 11 maggio 2017 alle ore 18:52