Popolari: indagare  sulla legge di riforma

La Commissione bicamerale d’inchiesta non si occuperà della riforma delle Popolari. Così, perlomeno, ha deciso l’altro giorno il Senato e quindi salvo quanto deciderà la Camera (dove però il testo arriverà “blindato”).

Sono stati, al proposito, respinti (con 92 voti a favore e 135 contro) due emendamenti del senatore Giovanardi che si proponevano di allargare il campo dell’esame: “Non si possono – ha detto il noto parlamentare – cancellare 150 anni di storia con urgenza”. Il relatore senatore Marino ha espresso parere contrario su entrambi gli emendamenti: su uno, perché non era stato trattato dalla Commissione d’indagine preparatoria (come dire: siccome abbiamo fatto un errore, facciamone due) e sull’altro perché “riguarda una questione di cui si deve occupare la Consob” (come se non ci fossero specifiche competenze anche per tutti gli altri argomenti su cui la Commissione lavorerà). Il tutto, dopo che l’ex premier – dello stesso partito del relatore, come è noto – si era dichiarato pubblicamente favorevole a che la Commissione si occupasse di Popolari (“Non abbiamo scheletri negli armadi” aveva scritto, addirittura “invocando” l’istituzione della Commissione). Non risulta che si sia espresso – sugli emendamenti Giovanardi – il Governo. Dal canto loro, hanno votato contro gli emendamenti il Pd (tutti i senatori del gruppo), il Movimento democratici e progressisti di Bersani (tutti), Alternativa Popolare di Alfano (tutti, meno Sacconi); hanno votato a favore: Forza Italia (tutti), Movimento 5 Stelle (tutti), Lega Nord (tutti meno Calderoli), Grandi autonomie e libertà di Giovanardi (tutti). In sostanza, Renzi era favorevole ed il suo partito, fuorusciti compresi, ha votato contro, non si sa se per solidarietà o per tenerlo sulla graticola ancora un po’. Eppure, in effetti, occorre far chiarezza su molte cose.

Con riferimento alla necessità di accertare se alla base dell’emanazione del decreto legge sulla trasformazione obbligatoria delle Popolari in società per azioni ci sia stato interesse delle banche d’affari estere o dei fondi europei o americani, e ciò allo scopo di acquisire il controllo delle Popolari una volta trasformate, si dovrebbe – anche a seguito proprio di quanto avvenuto – dare risposta ai seguenti interrogativi:

1) Quali sono i motivi che hanno reso necessario secretare il verbale dell’interrogatorio dell’allora Presidente del Consiglio? La Stampa il 24 giugno del 2016 titolava: “Insider trading sul decreto banche, Pignatone sente Renzi come teste”. Panorama nell’articolo del 27 luglio del 2016 scriveva: “Matteo Renzi viene sentito come teste il 20 maggio 2016”. Lo stesso settimanale riportava che si pensava che “gli inquirenti romani abbiano deciso di chiudere solo un filone ‘laterale’ dell’inchiesta, ma tengano tuttora aperti gli altri filoni di indagine”. Tali circostanze venivano riferite anche dall’articolo de “Il Fatto quotidiano” del 24 giugno del 2016 sotto il titolo “De Benedetti inguaia Renzi: inchiesta per insider trading”. Nel volume “La Repubblica tradita” (pag. 83-84), Giovanni Valentini cita un articolo del Giornale in cui il giornalista Nicola Porro scriveva: “In alcune telefonate con gli intermediari utilizzati dalla Romed, società di investimenti del gruppo, De Benedetti ‘chiederebbe direttamente di investire in Popolari’. In quel momento, il decreto non era stato ancora emanato”.

2) È stato dato corso e con quale esito alle rogatorie internazionali richieste dalla Procura di Roma? Come annunciato da Il Sole 24 Ore del 15 febbraio del 2015, “la Procura di Roma segue la pista estera sull’insider trading. I Pm di Roma sono pronti a chiedere informazioni in cinque Paesi esteri per insider trading (...) si tratta di Stati Uniti, Londra, Dublino, Svizzera e Lussemburgo”. La Consob, riportava sempre Il Sole 24 Ore, “parla di plusvalenze effettive o potenziali stimabili in circa 10 milioni di euro... Ma non è detto: l’indagine della Procura potrebbe accertare anche cifre più alte”. Il 15 febbraio Il Sole 24 Ore confermava: “Popolari, la Procura prepara le rogatorie. I Pm di Roma pronti a chiedere informazioni in cinque Paesi esteri per il caso di insider trading”.

3) Quali esiti hanno avuto i 15 filoni di indagine aperti dalla magistratura? Scriveva Il Fatto del 2 luglio 2016: “Ci sono almeno una quindicina di filoni ancora aperti. Tutti nati dalle segnalazioni del presidente della Consob, Giuseppe Vegas, che l’11 febbraio 2015 ha riferito in Parlamento di operazioni sospette a ridosso della riforma”.

Riguardo alla necessità di verificare se siano stati posti in essere atti speculativi, si dovrebbe rispondere alle seguenti domande:

1) Che fine ha fatto l’indagine aperta dalla Consob? Dal Sole 24 Ore del 12 febbraio 2015: “Vegas: scambi anomali sulle Popolari”. Il giorno successivo, sempre “Il Sole 24 Ore” scriveva: “La matrice estera degli ordini sospetti; Consob chiede l’intervento della Sec negli Usa e delle autorità di Londra, Dublino, Svizzera e Lussemburgo; le cinque piste che portano all’estero; l’ipotesi che i movimenti sospetti siano iniziati prima del periodo sotto esame; maxi plusvalenze sull’acquisto di azioni del Banco Popolare e della Bpm”. Sempre “Il Sole 24 Ore” il 22 febbraio 2015 titolava: “Popolari, Consob stringe sull’insider, nessun sequestro chiesto dall’Authority alla Guardia di Finanza...”.

2) Quali sono i 25 fondi e con quali strumenti finanziari hanno posto in essere le operazioni speculative? Su Libero del 14 febbraio del 2015 si affermava che Consob e Pm cercavano i 25 fondi che hanno speculato sulle azioni delle Popolari fra il 2 gennaio e il 9 gennaio 2015.

3) Si è fatto il punto sulle operazioni in derivati? Quale è stata l’entità di queste operazioni? In quale periodo sono state poste in essere? Libero del 15 febbraio 2015 scriveva che “le operazioni effettuate attraverso put e call ci portano anche più indietro nel tempo, prospettando, se si dovessero individuare responsabilità, scenari di diffusione di informazioni riservate ben più gravi di quelle finora messe in campo”. Nello stesso articolo si leggeva: “Su Ubi banca, ad esempio, c’era un’opzione call in scadenza a marzo aperta addirittura ad agosto (2014). Mentre sul Banco Popolare, sempre ad agosto con scadenza marzo, sono stati sottoscritti 12mila contratti di opzione di mille titoli ciascuno”.

Ce n’erano, dunque, di fatti da approfondire (e abbiamo detto i più importanti). Il niet del Senato preoccupa.

(*) Presidente Assopopolari

Aggiornato il 26 giugno 2017 alle ore 12:48