Va tutto bene, ma non c’è un euro

mercoledì 15 marzo 2017


Mentre l’informazione taroccata elogia i risultati del Paese in questi anni renziani, Pier Carlo Padoan non riesce a chiudere la manovrina da tre/quattro miliardi di euro. Eppure da Renzi a Gentiloni non abbiamo fatto altro che sentire parlare di soldi che ci sono, di finanziamenti per questo, d’interventi per quell’altro.

Insomma, nelle orecchie degli italiani risuona chiara la voce di Matteo Renzi e ora di Paolo Gentiloni, che dice: “Metto due miliardi là, metto tre miliardi qui” e così via. A sentire loro siamo fuori dalle secche e veleggiamo sicuri verso un mare di crescita e prospettive. Bugia, non è così. Del resto, se così non fosse da quel dì che Padoan avrebbe trovato i tre/quattro miliardi di correzione che ci chiede l’Unione europea. Invece il ministro è in panne. Per questo è stata prorogata la rottamazione delle cartelle che, anziché un boom, fino a ora è piuttosto un flop rispetto al numero di contenziosi. Va da sé, infatti, che un provvedimento giusto a metà, vista l’esiguità del numero di rate per sanare (cinque), non poteva accattivare più di tanto. Solo aumentando il rateizzo della sanatoria sarà possibile aumentare le adesioni; la proroga al 21 di aprile è solo melina per raccattare qualche soldo in più.

Insomma, per correggere i conti di un modesto zero virgola due per cento non sappiamo dove battere la testa. Ma allora dove è finita la disponibilità tanto sbandierata? Dove sono i successi sulla revisione della spesa? Che fine hanno fatto i soldi di una crescita così netta? Non ci sono perché in realtà stiamo messi male, anzi molto male e il Governo Renzi in tre anni ha gettato al vento una barca di miliardi, che ben altra destinazione potevano avere. Il fisco è rimasto ossessivo, la povertà è cresciuta, la disoccupazione resta patologica, il credito è ancora una chimera e i consumi stagnano. Come se non bastasse, la politica scriteriata dell’accoglienza senza limiti ci sta per un verso dissanguando e per l’altro esasperando.

Per non parlare dei servizi pubblici che a forza di tagliare a vanvera sono peggiorati a livello di Terzo Mondo. Eppure le pensioni d’oro si pagano, così come i super-stipendi dei manager pubblici. Si pagano compensi di aziende inutili, di enti inutili, di organismi inutili. Si paga all’Europa molto più di quanto si riceva; si pagano i furbetti del cartellino; si paga per la giustizia che sbaglia. Insomma, si pagano decine di miliardi di euro l’anno che potrebbero tagliarsi in nome di un’equità sociale che si è persa per strada. Ecco perché non ce la facciamo mai, perché per pagare i privilegi, i diritti di casta e la burocrazia inutile, spendiamo una follia. Inutile dunque prenderci in giro: o si mette mano sul serio alla revisione della spesa ingiusta, o si mette mano alla riforma del fisco e dell’apparato statale, o si tolgono i privilegi, o non se ne esce. Del resto rimandare per paura o ipocrisia non serve più, perché gli italiani hanno bello e capito da tanto tempo quel che c’è da capire.


di Elide Rossi e Alfredo Mosca