Arriva la “Flat Tax”   e non è un condono

Il giorno 8 marzo l’Agenzia delle entrate, sulla base dell’ultima legge di bilancio, ha emanato il provvedimento operativo della norma studiata per attrarre in Italia la residenza dei “grandi contribuenti”.

Si tratta di un provvedimento “ad hoc” che riguarda solamente i contribuenti-persone fisiche (quindi non le società) che di fatto trasferiscono la residenza fiscale in Italia. Tali persone non devono però essere state residenti in Italia in almeno 9 dei 10 periodi di imposta che precedono l’inizio del periodo di effettiva validità dell’opzione. La Flat Tax colpisce gli effettivi redditi prodotti all’estero mentre, ad esempio, non si applica alle plusvalenze realizzate con la cessione, sempre a titolo oneroso, di partecipazioni qualificate e quindi realizzate nei primi 5 periodi di imposta di validità dell’opzione.

Si apre così la porta non solo al “Belpaese” turistico, ma di conseguenza anche al sistema fiscale italiano collegato ai “ricchissimi” di tutto il mondo che vogliono stabilire qui la loro residenza. Ciò permetterà all’Italia di giocarsi una grossa chance anche per convincere a trasferirsi in Italia le grandi multinazionali e i relativi manager in fuga dalla City londinese dopo la Brexit. E non solo: tale norma, ora sulla bocca di tutti come “acchiappa paperoni”, permetterebbe di attrarre nel nostro Paese pure capitale umano con tutte le correlazioni attinenti a sviluppi anche nel campo del lavoro con benefici tangibili socioeconomici.

In prima analisi parrebbe che, con tale norma, lo Stato italiano potrebbe incassare meno tasse ma, secondo il sottoscritto, non è così. Anzi è proprio il contrario perché si accenderebbe un meccanismo tale da portare un aumento proporzionale del gettito fiscale, proprio convincendo i manager e le di loro correlate aziende a trasferirsi, de facto, in Italia permettendo di trasformare città come Milano in vere e proprie “Financial Hub” della zona europea con un grosso accredito anche sulla finanza internazionale.

Tecnicamente si tratta di versare 100mila euro l’anno per 15 anni a prescindere da quanto si guadagna. Appare evidente il grado di interesse economico che tale soluzione porta effettivamente a chi guadagna da 250mila euro lordi annui in su. A prescindere dalla somma effettivamente percepita, il soggetto contribuente pagherà al fisco Italiano 100mila euro più 25mila euro all’anno per ogni familiare a carico. Tale regime fiscale si proroga in automatico di anno in anno per una durata massima consentita di 15 anni. Dal provvedimento con cui l’Agenzia delle entrate ha fatto partire tale possibilità, come previsto dall’ultima legge di bilancio, si dovrà porre in essere una check-list accompagnatoria all’istanza di interpello che permetterà una valutazione preventiva e quindi definitiva del fisco sulla effettiva ammissibilità a tale regime fiscale. Voglio porre l’attenzione sul fatto che a queste persone, trasferendo la loro residenza in Italia, verrà applicata una normale tassazione per ciò che concerne specificatamente i successivi redditi prodotti in Italia, quindi si troveranno a pagare le tasse esattamente come ogni altro comune cittadino italiano: unica diversità è che sarà loro riservata una tassazione, come detto, forfettaria di 100mila euro per i redditi derivanti da patrimoni che rimangono però all’estero.

Dai primi commenti degli addetti ai lavori qualcuno parla di “nuovo condono”, ma non è così perché queste persone, che verrebbero a stabilire la propria residenza in Italia, sono individui che non hanno alcun tipo di rapporto con il nostro fisco nel senso tecnico-giuridico, cioè che non sono debitori di nulla verso lo Stato italiano essendo residenti altrove. Considerato che condono vuol dire sanare e scontare delle tasse a qualcuno che avrebbe dovuto versarle e non le ha versate, appare chiaro che trattasi di due situazioni agli antipodi. L’idea e poi la relativa scritturazione della “Flat Tax” - mutuata da un sistema già da tempo applicato sia nel Regno Unito che in Portogallo, Spagna e Malta - da noi ha avuto una gestazione più lunga in considerazione del problema di incostituzionalità che era stato sollevato da alcuni studiosi nel momento della predisposizione dell’ultima legge di bilancio, e ciò in considerazione del fatto che potesse essere in contrapposizione con l’articolo 53 della Costituzione che recita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” e “il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.

Da un’attenta analisi però si evince che tale problema di incostituzionalità non risiede in questo provvedimento, in primis perché i nuovi residenti andranno regolarmente a pagare le tasse dovute sui redditi prodotti in Italia esattamente come tutti gli altri cittadini e, inoltre, perché, come da interpretazione della Corte costituzionale, l’articolo 53 è da sempre visto come una norma oggettiva e generale di valutazione di una “posizione fiscale complessiva” tale da tener conto non solo delle imposte sul reddito ma anche delle reali ed effettive imposte sui consumi: ciò fotografa una tipologia di persone con un alto profilo e patrimonio, soggetti economicamente e fiscalmente individuati e definiti come “High-net-worth individual (HNWI)”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:18