Anti-Popolari: indagare  su chi volle la legge

La Commissione Finanze e Tesoro del Senato riprende, in sede referente, l’esame congiunto di 15 disegni di legge, presentati da parlamentari di tutte le parti politiche, per l’istituzione di una Commissione d’inchiesta a proposito di fatti verificatisi in alcune banche e a proposito, anche, del sistema bancario e finanziario in genere. Questo stesso ramo del Parlamento ha già da poco ultimato i lavori relativi a una Commissione di indagine (non specificamente prevista dalla vigente Costituzione, che invece prevede e disciplina la Commissione d’inchiesta, attribuendole – all’articolo 82 – gli stessi poteri dell’Autorità giudiziaria). In merito alla nuova Commissione, s’impongono alcune riflessioni.

Quando, nel luglio del 1920, Luigi Einaudi prese posizione a proposito della Commissione d’inchiesta sul sistema bancario (proposta dall’onorevole Donati, con specifico riferimento – anche allora – a fatti denunciati nella famosa petizione Turletti), lo fece con grande rigore morale e giuridico, fissando ben precisi paletti e obiettivi (sottolineando, tra l’altro, che “di molti peccati d’ignoranza sono gravati i giornali italiani”). Nello stesso modo – è indubbio – ha ora operato il presidente relatore, senatore Mauro Maria Marino, predisponendo il testo unificato per varare l’inchiesta, adottato dalla Commissione anzidetta quale testo base di discussione.

La proposta unificata (come redatta dal relatore e già emendata nel corso dei lavori) prevede così che l’istituenda Commissione d’inchiesta abbia il compito di verificare: a) gli effetti sul sistema bancario italiano della crisi finanziaria globale e le conseguenze dell’aggravamento del debito sovrano; b) la gestione degli istituti bancari che, anche in relazione ai fenomeni del “punto a” sono rimasti coinvolti in situazioni di crisi o di dissesto e sono stati o sono destinatari a qualsiasi titolo di risorse pubbliche; c) l’efficacia delle attività di vigilanza sul sistema bancario e finanziario poste in essere dagli organi preposti, in relazione alla tutela del risparmio, alla modalità di applicazione delle regole e degli strumenti di controllo vigenti, con particolare riguardo alle modalità di applicazione e all’idoneità degli interventi, dei poteri sanzionatori e degli strumenti di controllo previsti, nonché all’adeguatezza delle modalità di presidio dai rischi; d) l’adeguatezza della disciplina legislativa e regolamentare sul sistema bancario e finanziario, nonché sul sistema di vigilanza, anche ai fini della prevenzione e gestione delle crisi bancarie.

Proprio per quanto anzidetto (e senza soffermarsi sul fatto che – in alcuni punti e anche in quello, delicato, della vigilanza – sembra si vogliano attribuire alla Commissione poteri di giudizio discrezionale non appropriati), meraviglia che non si sia prevista la possibilità per i parlamentari commissari di indagare, anche, su chi realmente volle – e per quali motivi – la legge contro le Popolari, che è la causa prima della grave situazione determinatasi nel campo bancario, nonché sul perché si sia giunti alla risoluzione delle famose quattro banche (tanto più che – come si sa – gli ex vertici di una di esse, quelli di Banca Etruria, sono stati tutti assolti e, oltretutto, perché “il fatto non sussiste”). A proposito della legge contro le Popolari (così come sul secondo interrogativo), l’opinione pubblica è frastornata e gli osservatori, dal canto loro, in molti sostengono che l’origine sia da ricercarsi nella volontà delle grandi banche d’affari statunitensi, nonché dei fondi europei e americani, di spartirsi il mercato del credito italiano, magari – distruggendo le banche di territorio, appunto – anche preparando la strada a un mercato dominato da pochi, grandi, istituti e quindi sostituendo all’attuale piena concorrenza una situazione oligopolista di tutto favore.

La situazione creatasi in Popolari trasformate, sembra davvero – è inutile negarlo, apoditticamente – avvalorare la tesi in questione, anche considerando il comportamento tenuto in materia dalla grande stampa del nostro Paese. Se dunque la Commissione su questo non indagasse, la tesi dell’oligopolio verrebbe a nuovo titolo avvalorata. Con l’aggravante che qualcuno potrebbe anche pensare che la nostra classe politica sia disponibile (e forse adusa) a indagare su tutto e su tutti meno che sulle proprie responsabilità, coscienti o incoscienti che siano.

(*) Presidente Assopopolari

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:17