Apprendisti stregoni della redistribuzione

Come è noto al vertice di Davos, Christine Lagarde, direttore generale del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), ha mandato in brodo di giuggiole i nostri numerosissimi apprendisti stregoni di matrice keynesiota esortando i governi occidentali a “mettere in campo una maggiore redistribuzione dei redditi rispetto a quanta ne abbiamo oggi”.

E tra costoro non poteva certamente mancare il brillante Sebastiano Barisoni, conduttore di Focus economia su Radio24, il quale ha preso la palla al balzo per incitare l’Italietta a seguire senza indugio il consiglio della signora Lagarde, anche a colpi di patrimoniali se necessario, come se di queste ultime non avessimo già abbastanza.

D’altro canto, il vento politico che spira proprio in Europa e negli Stati Uniti, con l’avanzata dei cosiddetti populismi, sembra gonfiare oltre ogni misura le vele dei teorici della medesima redistribuzione, al pari di ciò che accadeva in Italia quando la paura dei comunisti alimentava dentro i partiti filo-occidentali una forsennata linea di deficit-spending.

Ma il problema vero per il nostro Paese, al di là delle questioni legate al consenso, è quello di chiedersi se sia fattibile un’ulteriore politica redistributiva, dal momento che già adesso la mano pubblica intermedia ben oltre metà del Pil nazionale. Personalmente, da liberale convinto, considero in via di principio tremendamente discorsivo l’attuale livello di controllo delle risorse operato dalla stessa mano pubblica, tanto che è proprio l’eccesso della così invocata redistribuzione che determina da molti lustri una bassa crescita economica. Figuriamoci cosa accadrebbe se si decidesse di incrementare un livello di spesa pubblica, seppur col nobile intento di combattere le diseguaglianze, che già adesso appare incompatibile con una ripresa strutturale dei consumi e degli investimenti.

E ciò, al di là delle opinioni, sembra storicamente confermato dai numeri e dai nessi causali. Su questo piano possiamo prendercela con l’evasione, con la moneta unica o con l’Europa cinica e bara che ci impediscono di regalare altri vitalizi sotto le forme più disparate. Tuttavia, soprattutto all’interno di una moderna economia di mercato, spingere una quota crescente di soggetti a campare di pensioni, sussidi e redditi di cittadinanza non può che distruggere le principali risorse di una nazione, ovvero le risorse umane, trasformando un popolo di produttori in una massa passiva di consumatori-elettori.

Tutto questo, in ultima istanza, serve molto a far crescere i voti per chi redistribuisce, ma non certamente il complessivo valore aggiunto del sistema economico. Riflettiamoci.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:24