Martedì Cda Mediaset, scontro per il controllo

Si terrà martedì primo Consiglio di amministrazione dopo la scalata di Vivendi a Mediaset. Si sta facendo largo la strada della diplomazia, ma lo scontro tra il gruppo imprenditoriale francese e quello italiano resta alto. Difficile arrivare ad un’Opa. Non conviene a nessuno dei due contendenti. La vicenda però ha portato allo scoperto una lotta di vasta portata che coinvolge milioni di euro o di dollari, strategie tecnologiche e di programmazione.

Al fondo della questione c’è l’intreccio tra telecomunicazioni (Tlc) e contenuti per gli strumenti innovativi di comunicazione, non più solo radio e tivù. Dalle varie analisi compiute risulta che il pubblico è mutato, soprattutto fra i giovani, i quali utilizzano sempre meno le reti tradizionali generaliste e con orari fissi. La generazione under 35 s’informa e segue i programmi televisivi on-line, via computer, tablet, smartphone. Questi ultimi hanno sostituito l’apparecchio televisivo di casa, come dimostra anche il successo di Netflix che ha raggiunto ormai i 75 milioni di utenti nel mondo.

Rientrate le cannonate di Vincent Bolloré e la reazione veemente di Silvio Berlusconi allo sgarbo subito, sono in azione i mediatori per verificare se esiste la possibilità di trovare una concordanza su una visione strategica dei media in Europa. Non conviene né all’imprenditore di Arcore né al bretone francese restare piccoli e isolati in un mercato in trasformazione. L’atto ostile potrebbe allora aver destato l’attenzione su un piano strategico: estendere e rafforzare la posizione dei due gruppi televisivi nell’Europa del Sud. Nei quartieri generali di Parigi e di Cologno Monzese sono all’opera gli “sherpa” e i capitani di lungo corso.

Lo scontro ha sfornato per ora 700 milioni da parte di Bolloré per salire al 20 per cento di Mediaset e 140 milioni da parte di Berlusconi per salire a quasi il 40 per cento, percentuale oltre la quale non può salire per legge se non attraverso un’Opa. Si va ad una guerra di logoramento oppure si stanno gettando le basi per una grande alleanza? La zavorra Mediaset si chiama Premium per i debiti dei diritti televisivi. mentre Vivendi controlla per quasi il 25 per cento Telecom, grande cliente di pubblicità per il Biscione ma che tra Premium e Sky ha favorito la pay tv di Murdock che nei giorni scorsi ha rafforzato la sua posizione con un’operazione in famiglia (il padre ha acquistato dal figlio la società Sky europea grazie anche alla perdita del 15 per cento della sterlina). Non era comunque un mistero che Mediaset cercasse spazio in Europa tanto che ad aprile aveva sottoscritto un accordo con Vivendi per la cessione di Premium e Pier Silvio si preparava a presentare il 12 settembre a Londra il progetto “Mediaset 2020”.

Il piano resta valido nonostante i ripensamenti e le accelerazioni di Bolloré? Qualche carta si sta scoprendo e la battuta di Fedele Confalonieri è significativa di una barriera italiana intorno al gruppo del Cavaliere, una volta nemico della sinistra. “Siamo diventati simpatici al governo” ha detto il fedelissimo presidente, incassando la solidarietà dell’intero sistema Italia (Agcom, Antitrust, banche). Alla base delle manovre imprenditoriali ci sono anche le torri per la trasmissione del segnale televisivo. Lo sfondamento di Bolloré in Mediaset significherebbe avere, attraverso la concentrazione Vivendi-Telecom, voce in capitolo sul controllo del sistema dei ripetitori, considerati d’interesse strategico per via delle comunicazioni sensibili come quelle della Difesa e della Polizia.

In una lettera aperta al Governo, l’Antitrust ha ricordato i vari passaggi e le polemiche che risalgono ai tempi del Governo Prodi per tenere “sotto la sfera pubblica” il cablaggio delle città in fibra ottica. Che in Mediaset stessero pensando ad una trasformazione è notorio negli ambienti economici e di Borsa. Il “business plan 2020” si articola in 3 punti base:

1) espansione in Europa della tv free (vendita di quella pay) allargandosi dall’Italia e Spagna alla Germania e alla Gran Bretagna per entrare nei mercati di lingua inglese;

2) revisione dei contenuti investendo su nuovi programmi e serie televisive anche di interesse internazionale;

3) ripensamento della sfida digitale affidata all’esperto del settore Pier Paolo Cervi per reggere le sfide di Netflix, Amazon, Facebook e Google che per ora dominano i mercati mondiali.

Il pubblico è mutato, come detto. Gli under 35 (fascia molto curata da Mediaset) s’informano o seguono i programmi televisivi attraverso altri dispositivi. La lotta, dunque, è per la conquista di questa fetta di popolazione tecnologica.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:23