L’Italia non è affatto   un Paese per giovani

Il surreale polverone mediatico che si è sollevato per mesi intorno alla fallita riforma costituzionale renziana ha oscurato fatti e notizie anche di gran rilievo. Tra queste mi ha particolarmente colpito quella (uscita ai primi di dicembre) relativa ad un, a mio avviso, agghiacciante rapporto del Censis in merito alla situazione socio-economica dell’Italia.

In particolare, da questo autorevole studio sarebbe emerso che, rispetto a 25 anni fa, il reddito degli individui sopra i 65 anni è cresciuto del 24,3 per cento, mentre quello dei cosiddetti millenials, ossia i giovani nati dopo il 1980, si è ridotto del 26,5 per cento rispetto ai loro coetanei di un quarto di secolo addietro. Dunque, quasi come se si trattasse di vasi comunicanti tra giovani e anziani, il Censis conferma con i dati il catastrofico andazzo che sta sempre più caratterizzando la nostra repubblichetta delle banane e delle crisi di Governo permanenti.

Checché ne dicano i falsi profeti politico-sindacali i quali, giocando in modo spregiudicato coi numeri, fanno il giro delle sette chiese televisive a raccontare la favola di un sistema previdenziale pubblico usato come un bancomat, si conferma l’impressionante spostamento di risorse, in gran parte determinato da decisioni politiche, dalla componente più produttiva della società a quella più anziana. Quest’ultima, pur non offrendo più particolari apporti allo sviluppo economico del Paese per ovvie ragioni anagrafiche, possiede tuttavia due pregi inestimabili per la nostra politica di Pulcinella: tende ad aumentare di numero in rapporto alle altre fasce di età, attraverso un costante invecchiamento della popolazione e, soprattutto, vota. Tanto è vero che, malgrado la polveriera pensionistica su cui siamo seduti tutti, visto che l’Italia spende in previdenza circa un terzo oltre la media europea, anche il grande riformatore fiorentino, con lo scopo di vincere la sua battaglia referendaria, ha sostanzialmente inferto un ulteriore e decisivo colpo a ciò che restava della demonizzata Legge Fornero. Una legge che, al contrario della manciata di milioni di presunti risparmi per la strana abolizione del Senato, a regime avrebbe consentito al sistema pubblico di spendere decine di miliardi in meno in pensioni, consentendo in tal modo di alleggerire in modo strutturale l’insostenibile costo del lavoro.

Ovviamente trattasi di pie illusioni. L’Italia, soprattutto a causa di un sistema di consenso che poggia sempre più sui vitalizi pubblici di ogni genere, non è più da tempo un Paese per giovani, ahinoi!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:22