Governi e lager digitali

Cosa succede in un Paese quando il governo, senza preavviso, ritira dalla circolazione banconote che rappresentano l’80 per cento del valore del circolante? Il caos, ovviamente, tanto più grave se nel Paese prevale un’economia informale dove il credito nelle aree rurali è erogato in contanti a milioni di agricoltori. Eppure questo atto terroristico è stato commesso qualche settimana fa in India dal primo ministro Narendra Modi, mettendo fuori corso le banconote da 500 e 1000 rupie e costringendo la popolazione alla corsa agli sportelli per scambiarle con quelle di nuova emissione e di piccolo taglio.

Modi ha giustificato la sua aberrante misura con il solito ritornello: eliminare le banconote per eliminare la corruzione. Intanto va osservato che la realtà sconfessa che siano le banconote ad alta denominazione ad alimentare la corruzione perché i Paesi dove circolano sono proprio quelli che ne hanno di meno. Per esempio, in Svizzera circola la banconota da 1000 franchi; a Singapore quella da 1000 dollari locali; in Giappone quella da 10mila yen e negli Emirati Arabi quelle da 1000 dirham: tutti Paesi con basso tasso di criminalità rispetto a nazioni come Venezuela, Nigeria, Brasile e Sud Africa dove circolano banconote di piccolo taglio che non superano l’equivalente di 30 euro ma dove il tasso di criminalità è elevatissimo. Quanto al finanziamento del terrorismo, beh, ci risulta che provenga direttamente da qualche governo…

Lo scopo di Modi non è stato solo quello di rompere il ghiaccio con la società senza contanti. Ha voluto colpire anche il mercato al dettaglio dell’oro, il più grande del mondo. La popolazione indiana ne possiede 20mila tonnellate e non è un caso che abbia deciso il ritiro del contante durante la wedding season (la stagione dei matrimoni) che in India ha luogo da ottobre a dicembre, periodo in cui aumenta la domanda del metallo. Modi, che aveva già imposto nel 2015 un dazio sulle importazioni dell’oro, obbliga ora ad acquistarlo con la pan card (permanent account number, la tessera con codice alfa-numerico emessa dal dipartimento imposte) per la tracciabilità delle compravendite. Ma poiché la pan card è posseduta solo dal 17 per cento della popolazione, gli acquisti d’oro effettuati dal resto della popolazione sono praticamente illegali. Poiché il metallo è considerato una forma ricchezza “anti-sistema”, Modi ha invitato a cederlo al governo in cambio, bontà sua, di titoli governativi con tassi di interesse inferiori all’inflazione. Si può essere più stupidi di così e cercare di rivoltare una società e usanze millenarie come un calzino senza gravi conseguenze?

Modi non è altri che un agente delle élites occidentali globaliste e psicopatiche insediate in organizzazioni formali (Nazioni Unite, Ue, Fmi e Ocse, banche centrali, università) e non formali (World Economic Forum, Trilateral Commission) che lo hanno incaricato di perseguire uno degli obiettivi chiave della loro agenda, l’eutanasia del denaro, finalizzata a imporre un governo tecnocratico mondiale per annullare le sovranità individuali. L’India rappresenta il Paese adatto per l’esperimento. Infatti è in corso di attuazione un ambizioso progetto, l’“Unique Identification Authority of India” (Uidai) con lo scopo di creare un sistema centralizzato per schedare di 1,2 miliardi di elettori. Si tratta di una grande banca dati biometrica per identificare le persone sulla base di caratteristiche biologiche e comportamentali. Al momento c’è un solo intoppo: l’unico modo per farla funzionare efficacemente richiede l’affiancamento a un sistema di pagamento digitalizzato. Per cui, anche se l’India, per la sua economia informale, è il più grande produttore e consumatore di banconote dopo la Cina, il ministro delle finanze Arun Jaitley ha sottolineato la necessità di trasformare il Paese in una economia senza contanti, ovviamente per “tenere a freno il problema del denaro sporco”.

A occhio e croce il progetto è un incubo totalitario ma perfettamente in linea con l’obiettivo delle élites globaliste del controllo sociale collettivista per ridurre le classi medie all’impotenza con metodi polizieschi. Ma è anche lo stesso obiettivo perseguito nei Paesi occidentali soprattutto da quando in Europa e nel Nord America sono stati adottati, senza alcuna opposizione, bail-in e tassi di interesse negativi che hanno segnato una nuova fase nella concentrazione del potere finanziario e bancario globale. Guardiamo al panorama generale: governi insolventi, banche pericolosamente sottocapitalizzate, sistemi pensionistici al collasso. In un contesto simile il controllo totale della ricchezza privata e la schedatura poliziesca sono diventati prioritari e la digitalizzazione del denaro è il metodo per attuarli.

Per avere un’idea dell’aria che tira si legga il “Fiscal Monitor Report” del Fondo Monetario Internazionale del 2013 che traccia le linee generali per l’esecuzione della confisca della ricchezza privata (specialmente nell’area euro) come misura per ristabilire la sostenibilità del debito. Gli autori del rapporto non fanno neppure mistero su come renderla operativa: raccomandano blitz, preferibilmente di notte, affinché in caso di default di governi o istituzioni finanziarie, la gente non abbia il tempo di ritirare il contante per sfuggire ai prelievi. Ma una volta finita l’Era dei soldi sotto il materasso e imposto il denaro digitale a che servono tali espedienti? La confisca sarebbe efficace in qualsiasi momento e il bottino maggiore. Non ci sarebbe più posto dove nascondersi, dove fuggire nella cashless society che in mano ai governi diventerebbe un “campo di concentramento digitale” dove radunare le mandrie di cittadini per ben tosarle alla bisogna e commettere ogni tipo di abuso. Questa, in prospettiva, la nuova frontiera della tirannia.

Governi e banche avrebbero il pieno controllo dell’economia e sulle persone che la creano. L’India è più vicina di quanto si pensi. Eppure gran parte dei mezzi di informazione si sono uniti al coro unanime di governi, banche, accademici demonizzando il contante e propagandando l’idea della sua equivalenza al crimine ma ignorando le vere finalità: ridurre all’impotenza le classi medie e legalizzare ufficialmente i furti dei governi. Alla fine, quando tutto è stato detto, resta la domanda: qual è il criterio di distinzione tra le loro azioni e quelle dei criminali di professione?

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 18:16