L’Araba fenice della crescita

In occasione della “Giornata del Risparmio”, il governatore di Bankitalia Ignazio Visco ha detto che “in Italia la ripresa economica non si è interrotta ma rimane stentata. Dopo la battuta d’arresto del secondo trimestre, l’attività dovrebbe essere tornata a crescere lievemente nel terzo”. Visco ha poi aggiunto “che il sistema produttivo, nonostante i miglioramenti ottenuti con le riforme, resta ancora penalizzato da un ambiente ancora poco favorevole all’attività d’impresa”.

Insomma, per sintetizzare con una metafora da sempre molto in voga nella nostra asfittica economia, anche per Visco il bicchiere continua ad essere dannatamente sempre mezzo vuoto, o mezzo pieno che dir si voglia. A quali riforme, poi, il capo della Banca d’Italia si riferisca non è dato sapere, anche perché l’unica misura strutturale realizzata negli ultimi anni è costituita dalla famigerata Legge Fornero sulle pensioni, attualmente in rapida fase di rottamazione per inconfessabili motivi di consenso elettorale.

Di fatto, la sedicente grande operazione di rilancio dell’economia messa in campo fin dalla sua nomina a premier da Matteo Renzi si basa su tre traballanti pilastri: redistribuzione del proibitivo carico fiscale, elargizione a pioggia di bonus e mancette elettorali, uso molto disinvolto del deficit statale. Tutto questo, molto in sintesi, non conduce il Paese verso l’unica direzione possibile per rilanciare l’economia, riducendo i costi complessivi del sistema in modo da poter abbassare in maniera equilibrata la pressione fiscale.

In realtà, come la nostra piccola riserva indiana liberale si sforza di ripetere da tempo, la dissennata politica renziana, sostenuta da una martellante propaganda, è troppo orientata ad ottenere un rapido e spendibile consenso e, per tale motivo, del tutto avversa ad affrontare i nodi sistemici che zavorrano più del piombo le nostre potenzialità produttive.

In altri termini, quell’ambiente favorevole alle imprese auspicato da Visco non si realizza con le chiacchiere e le pacche sulle spalle. Occorre invece alleggerire il colossale fardello economico esercitato dallo Stato assistenziale e burocratico. Ma per farlo ci vuole tempo, coraggio, volontà e lungimiranza politica. Tutte doti che, soprattutto dopo essersi messo da solo nella trappola del referendum costituzionale, non sembrano minimamente appartenere al giovane mago fiorentino. Un mago dalla parlantina sciolta che ci sta facendo sprofondare nel baratro a colpi di zero virgola.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:23