Il premio Nobel  alla finanza mitologica

Ancora una volta l’Accademia delle Scienze ha attribuito il Premio Nobel all’Economia-Finanza, diventata una scienza mitologica e molto “interessata”, a studiosi americani - Oliver Hart e Bengt Holmström - di netto taglio quantitativo ed orientati alla finanza (tanto l’Economia non la studia più nessuno). I due studiosi si occupano di esprimere indicatori della misurazione dei bonus ai manager rispetto al giusto valore delle aziende da essi governate. Gli studi si occupano dei contratti negoziati, dei bonus e delle remunerazioni ma non si preoccupano minimamente di capire il ruolo motivazionale dei soggetti remunerati, né se le loro finalità siano di breve o di lungo tempo, se siano mirate a creare valore per gli azionisti e povertà per i lavoratori, oppure possano anche avere un antico fine che si definiva come bene comune.

La distorsiva attribuzione del premio ad un modello socioculturale con la finanza sacrale ha finito per generare una società totalmente asimmetrica alla Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo in cui non un solo preambolo valoriale allora evidenziato è rispettato nella società e ci sta portando sull’orlo dell’abisso.

L’Accademia fu fondata da Alfred Nobel, morto in solitudine il 10 dicembre del 1896 e dilaniato dal timore che la sua scoperta della dinamite avrebbe potuto essere uno strumento di morte e non di benessere per la società, lasciò il suo patrimonio in donazione per una società ideale dell’uomo. Una società che fosse in grado di realizzare i valori universali dei diritti umani: la libertà, l’uguaglianza e la solidarietà. I valori espressi erano un invito alla politica ed alle scienze a dare sostanza e valore alla dignità dell’uomo. Nel suo testamento olografo Alfred Nobel precisava che, con il ricavato del suo patrimonio, ogni anno si dovesse riconoscere un premio agli studiosi che nei loro campi avessero contribuito maggiormente a creare le condizioni “del benessere” della società. Accanto e dopo le scienze positive - Chimica, Fisica, Medicina - veniva attribuito il premio per la Letteratura a coloro che avevano prodotto “il lavoro di tendenza idealistica più notevole”; infine il premio a cui forse Alfred Nobel teneva di più, quello per la Pace, assegnato “alla persona che più si sia prodigata o abbia realizzato il migliore lavoro ai fini della fraternità tra le nazioni per l’abolizione o la riduzione di eserciti permanenti”. Le volontà di Alfred Nobel sono chiarissime, scolpite sulla pietra senza possibilità di false interpretazioni, funzionali a dare un equilibrio al senso della vita sospesa tra il mondo dello spirito e quello dell’esperienza.

Nel tempo però queste indicazioni sembra si siano progressivamente offuscate a favore di criteri su certi premi non sempre coincidenti con i desiderata di Nobel. Nel 1969 viene istituito il premio per l’Economia, non previsto da Nobel ed infatti viene finanziato dalla Banca di Svezia, tra molte controversie espresse proprio dagli studiosi di quella materia. Lo stesso Von Hayek sarebbe stato indeciso fino all’ultimo se accettare o meno nel 1974 il premio. In effetti, Alfred Nobel aveva previsto premi per scienze misurabili e premi improntati alla spiritualità dei sentimenti (Letteratura e Pace), ma l’Economia, nuova arrivata, si collocava in un campo intermedio in quanto scienza sociale e morale non poteva essere trattata come scienza positiva ma dovendo contribuire alla realizzazione di bisogni pratici non poteva essere studiata senza elementi di misurazione della convenienza delle scelte in presenza di risorse scarse.

Il premio, come aveva ammonito Von Hayek, avrebbe contribuito però a modificare il “Dna” dell’Economia, trapiantandola nel mondo delle scienze esatte; il passaggio ha trasformato una scienza strumentale in scienza finalistica in grado di definire un concetto di “benessere” della società in modo completamente diverso ed asimmetrico da quello che pensava Alfred Nobel. Il contesto culturale creatosi ha contribuito a modificare i valori dominanti nelle società ed accelerare un processo di progressiva decadenza culturale.

Dalla fine degli anni Sessanta la consegna dei premi in Letteratura, Economia e Pace, i tre premi in cui sono più palesi le contraddizioni, le anomalie sono diventate più evidenti assecondando un modello culturale ed i suoi interessi che ci hanno portato alla vera crisi del nostro tempo, quella antropologica che continuiamo a non voler vedere.

Dal 1969, primo premio in Economia, gli studiosi statunitensi hanno fatto la parte del leone, nei 44 anni di assegnazione dei Nobel in Economia hanno conseguito, uno o più di uno di loro, per 41 volte il premio: una monocultura senza contradditorio e variazioni di sorta con 41 volte su 44; solo in tre anni non hanno vinto: nel 1969, nel 1974 e nel 1988. La tendenza si è accentuata dopo la caduta del muro di Berlino, quando i premi sono piovuti sugli studiosi di finanza che definivano i mercati finanziari razionali ed esatti senza possibilità di errore. La finanza è diventata una sorta di arma egemone al di sopra degli Stati in grado di esercitare pressione sulle politiche dei singoli Stati e sulle scelte globali. È stata creata una ricchezza senza Stati e Stati senza ricchezza ed un modello di società individualista e conflittuale in cui il senso morale è stato asservito all’interesse personale; il più forte comanda. Ma l’anima di questo modello culturale è in grado di ispirare sentimenti come la bontà, l’altruismo, la solidarietà, il rispetto dell’umano, insomma quella spinta ideale voluta da Alfred Nobel?

La risposta la troviamo nei premi assegnati alla Letteratura che sono di un’evidenza disarmante; infatti dalla fine degli anni Sessanta gli Usa, che sembravano onnipotenti, non hanno vinto nella sostanza un solo e vero premio nella Letteratura. Toni Morrison, nel 1993, esprimeva il dolore razziale delle minoranze (ora maggioranze) di colore; Saul Bellow (1976) e Isaac Bashevis Singer Singer (1978) erano l’espressione della cultura europea dove avevano vissuto a lungo prima di trasferirsi negli Stati Uniti. Gli altri premi negli anni si dividono tra Paesi diversi e comunque in aree in cui quel tipo di benessere espresso dall’economia era assente o comunque non rilevante, ad esempio Irlanda, Perù, Cile, Santa Lucia, Polonia, Romania e Grecia. I due modelli culturali si oppongono senza possibilità di dialogo e di condivisione perché gli interessi dell’economia e della finanza mettono al primo posto la massimizzazione dell’interesse personale e non il “bene comune”, esattamente quello che Alfred Nobel voleva scongiurare.

La legittimazione del pensiero unico ha soffocato l’immaginazione e spento i valori universali (libertà, uguaglianza e solidarietà); per dirla con Blaise Pascal “l’esprit de finesse” si è definitivamente separato da “l’esprit de geometrie”, ma l’uomo razionale è arrivato alla fine della corsa. La responsabilità è di tutti, seppure in modo diverso, perché tutti hanno contribuito, anche tacendo, a dare il valore di verità incontrovertibile a quelle posizioni.

La cultura tecnico-razionale dell’Era post-moderna preparata dal campo della speculazione a partire dall’Illuminismo con Kant, Hegel e poi Marx ha finito per trasformare l’Economia in una scienza esatta studiando di essa solo ciò che è misurabile. La finalità materialistica promossa dal capitalismo e liberismo assunti come fine e non come mezzo ha contribuito alla creazione di una società finalizzata alla realizzazione del bene personale a scapito di quello comune ed alla normalizzazione di comportamenti illeciti; questo ha forzato sempre più gli interessi dominanti a legittimare con il Nobel quegli studi che innalzavano a verità suprema la loro realizzazione, ma non la vera scienza finendo per disgregare il sistema delle relazioni sociali perché alla fine il dogma è diventato il vivere per guadagnare e non viceversa.

Quest’anno, ancora una volta, l’Accademia, premiando quel modello socioculturale disgregatore della società dell’uomo, ha tradito profondamente le nobili finalità di Alfred Nobel. Per capire le deviazioni degli studi dell’economia, che è stata trasformata da scienza sociale e morale in scienza solo quantitativa, esatta e positiva, è necessario capire le cause che hanno favorito gli interessi di pochi a scapito di tutti gli altri.

Alla fine della Seconda guerra mondiale i drammi globali portarono a definire sia i diritti universali ed “inalienabili” dell’uomo, sia le regole tecniche di funzionamento dell’economia in modo che avessero il compito di guidare i facitori delle politiche mondiali a ricostituire la dignità dell’uomo-persona e non cosa come è nei fatti oggi.

I due cardini furono definiti a Bretton Woods con la costituzione del Fondo Monetario Internazionale e del “gold exchange standard”; il primo aveva finalità istitutive di tipo keynesiano ormai scomparse nei fatti, mentre il secondo vincolava la moneta ad un controvalore reale, nella specie l’oro, perché la stampa della carta moneta non fosse lasciata libera all’infinito producendo solo danni e nessun valore perché essa è di per sé sterile; nella fattispecie si potevano stampare 28 dollari ogni grammo d’oro. Paradossalmente furono proprio gli Usa a volere quel vincolo perché all’epoca erano i creditori e non potevano tollerare l’idea che la carta si trasformasse in moneta negoziabile “tout court”.

Dal 1948 fino alla fine degli anni Settanta le regole hanno tenuto dando vita al boom del dopoguerra, ad un sistema di cambi fissi ed ad un miglioramento dei valori sociali. Ma alla fine di quegli anni il mondo occidentale cambiò in peggio ed osservando tutte le curve migliorative del dopoguerra si vede nei grafici che tutte indistintamente hanno un’inversione di tendenza esattamente nello stesso arco temporale 1971-1975/6. La finanza finisce per essere il mezzo più utile al fine di realizzare l’interesse personale e l’economia reale subisce la finanziarizzazione e la sua dematerializzazione con la manifattura sistematicamente delocalizzata. “L’uovo di Colombo”: la verità negata davanti agli occhi.

Il cambio di rotta della nostra storia avvenne in quei cinque anni ed è in realtà l’uovo di Colombo che nessuno vuole vedere. Nel 1971 gli Usa, sotto la spinta del Vietnam e delle rivolte studentesche, cominciarono a stampare carta moneta senza rispetto per i vincoli di Bretton Woods così i loro creditori, gli Usa erano diventati debitori, volevano essere pagati in oro e non in dollari il cui valore era sempre più indefinito. Nixon allora unilateralmente dichiarò finito l’accordo di Bretton Woods separando la stampa della moneta da un controvalore reale gettandoci in un sistema di cambi flessibili (noi subimmo l’ondata inflattiva da petrodollaro pensato appositamente per creare la domanda di dollari) e da lì cominciò a crescere la finanza mitologica e sacrale.

Si generano, infatti, due sistemi contrapposti: quello immateriale, infinito, non regolamentato e non misurabile della finanza e della carta moneta e quello finito del nostro mondo reale, materiale e misurabile.

In the absence of real constraints, money assumed an infinite dimension and finance espoused this infinity, which is exactly and logically the opposite of a finite reality. Science allegedly affirmed that infinity, which in itself does not have a unit of measure, can be used to measure the real world that is instead finite and measurable. Aristotle’s principle of non-contradiction states “A” cannot simultaneously occupy the position of “not-A” but is invalidated by contradicting the principles of logic and manipulating the facts. This ushered the Era of infinite money with a dominant role based neither on scientific grounds nor on simple logic. The material finite became prey and hostage of the immaterial infinite and everything turned into a play of light and shadow as in the Chinese theatre where something is seen and constantly eludes. When the printable volume of money became unlimited and uncontrollable, monetarism acquired an unnatural role because it raised infinite money above the finite, illogically determining its value and detached from reality. The trends of the financial prices of real assets were determined and influenced by endless speculation with exchanges that never closed, generating infinite financial volumes that nobody controlled. The prices of real assets and currencies were no longer based on real quantities but on endless bets as the oil and grain markets show.

Tutto diventa finanza ed i Nobel giustificano la sua totale deregolamentazione fatta da Greenspan nel 1999 con i derivati, gli altri prodotti tossici e l’abolizione della Glass Steagall Act che separava le banche d’affari da quelle di credito ordinario consentendo così ai lupi di entrare nel recinto delle pecore indifese. Si ha l’esplosione della finanza e dei prodotti tossici come i derivati che dal 1990 al 2010 sono passati dall’essere 1/20 del Prodotto interno lordo globale a 20 volte lo stesso.

È del tutto evidente che i due sistemi sono inconciliabili, ma gli interessi superiori hanno reso la finanza verità incontrovertibile e noi ci siamo bevuti tutto - spread, rating, derivati, Pil-monetario, petrolio, euro-dollaro - senza battere ciglio. Ma come sempre la Storia presenta il conto. Una finanza totalmente deregolamentata e lontana dal mondo reale è in grado di manovrare a piacimento di pochi i prezzi, gli indicatori della sostenibilità dei Paesi e fare credere che siano veri. Quel modello si è sviluppato senza limiti negli Usa, che ne sono stati spolpati diventando debitori del mondo e prossimi ad un collasso socioculturale, ma come sempre arriva la “nemesi”. Forse si dovrà tornare al “gold exchange standard”, ma quel momento segnerà la fine del dollaro e di una storia.

(*) Ordinario di Programmazione e Controllo - Università Bocconi

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:30