La manovra disperata del Premier Renzi

Com’è noto, il Consiglio dei ministri ha approvato la scoppiettante Legge di stabilità del Governo Renzi. Una vera e propria manovra della disperazione nella prospettiva di quella che passerà alla storia come la più tormentata vicenda elettorale della Repubblica: il referendum costituzionale del 4 dicembre prossimo.

Rispetto alle già ingenti cifre di cui si discuteva nelle scorse settimane, i produttori di miracoli dell’Esecutivo in carica hanno ulteriormente aumentato di circa due miliardi l’entità della medesima Legge di stabilità, che oggi va sotto il nome di Legge di bilancio, portandola a ben 27 miliardi di euro di interventi. Trattasi in grandi linee di una raffica di misure a 360 gradi, con il malcelato intento di accontentare la più vasta platea di cittadini-elettori possibile.

Ma al di là della incredibile pletora di provvedimenti, tra cui la surreale “abolizione” di Equitalia (ente di riscossione fino ad ora controllato per il 51 per cento dall’Agenzia delle entrate e per il 49 per cento dall’Inps, e che con la epocale riforma renziana passerà interamente sotto la gestione della stessa Agenzia delle entrate: sai che cambiamento!), la filosofia di fondo con la quale è stata messa in piedi questa colossale operazione “pannicelli caldi” va assolutamente rigettata senza se e senza ma.

In concreto, si aumenta ulteriormente la spesa corrente con una raffica di misure spendaiole soprattutto sul fronte sempre caldo delle pensioni e su quello del pubblico impiego, con migliaia di nuovi assunti che fanno tanto consenso elettorale. Tutto questo arricchito, per così dire, da ulteriori bonus da distribuire a pioggia, secondo una consuetudine oramai acquisita dal mago di Firenze. Dal lato delle coperture invece - e qui giungiamo alle note politicamente molto dolenti - vengono indicate cifre piuttosto dubbie da una parte, come l’aumento di gettito su una previsione di crescita dell’uno per cento che nessuna seria agenzia, Fondo monetario internazionale compreso, prende per buona. Mentre dall’altra parte si perpetua la cattivissima abitudine di includere nel bilancio voci di entrata straordinarie, come la cosiddetta “Voluntary Disclosure” o la surrettizia sanatoria fiscale legata alla farsesca abolizione di Equitalia.

Per non parlare dell’eterna spending review, usata dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan alla stregua dei famigerati aerei di Mussolini, spostando gli stessi miliardi teoricamente risparmiati da una Legge di bilancio all’altra. Ma nella sostanza si registra un preoccupante aumento del perimetro pubblico, con una rilevante crescita finanziaria dei principali capitoli della nostra smisurata spesa statale corrente.

Tutto questo, come è sempre accaduto, porterà a correggere in senso peggiorativo il deficit di bilancio, fissato in un “ottimistico” 2,3 per cento dal Governo. Ciò, considerato l’enorme fardello del debito pubblico, rischia di ricadere sulle nostre teste come un macigno in un futuro non molto lontano, soprattutto quando verrà meno l’azione di controllo dei tassi d’interesse operata dalla Banca centrale europea di Mario Draghi. Ma questo al giovin signore di Palazzo Chigi interessa poco. Egli bada solo a vincere un referendum politicamente distruttivo coi quattrini degli altri, senza curarsi affatto delle conseguenze economiche dei suoi atti.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:27