Un Paese inchiodato:  solo balle spaziali

Gli ultimi riscontri sull’economia italiana sono a dir poco inquietanti. L’Istat comunica che il Prodotto interno lordo è cresciuto, per così dire, nel secondo trimestre di quest’anno di uno striminzito 0,7 per cento rispetto a quello del 2015, ma è rimasto invariato in confronto al trimestre precedente.

Entrambi i dati, ancora una volta decisamente sottostimati dagli “espertoni” del Governo, fanno ben poco sperare su una ripresa tumultuosa della nostra asfittica economia, con conseguenti fosche nubi che già si addensano sulle sorti del bilancio pubblico, quest’ultimo affossato dal combinato disposto di un eventuale mancato gettito fiscale e dalle spericolate manovre elettoralistiche messe in campo dal premier Matteo Renzi. Tutto ciò reso ancor più critico dalla richiesta delle autorità europee di approntare una correzione di poco meno di 10 miliardi all’eccesso di deficit realizzato fin qui dal mago di Firenze. Un maggior deficit, che vogliamo ricordare, avrebbe dovuto imprimere al Paese quella poderosa svolta la quale, ahinoi, i numeri smentiscono drammaticamente. Ma non basta. Dato che si avvicina a grandi passi il pasticciato referendum costituzionale delle cento pistole, lo stesso Renzi sta raschiando un barile oramai già sfondato, promettendo di inserire nella prossima Legge di stabilità una impressionante sfilza di nuove spese, tutte rigorosamente correnti, allo scopo di comprarsi letteralmente il consenso degli elettori.

Infine, sebbene siano in pochi a ricordarlo, sui conti pubblici pende anche la mannaia delle famigerate clausole di salvaguardia, la cui paternità è stata piuttosto scorrettamente attribuita dal genio di Rignano sull’Arno al suo predecessore Enrico Letta, ma che in realtà, numeri alla mano, derivano in gran parte dalla sua dissennata politica keynesiana, tutta finalizzata a far crescere i voti anziché l’economia reale.

A questo punto, non si vede come si possa fermare la deriva di un sistema nel quale a crescere sono solo le balle spaziali del Presidente del Consiglio. Occorrerebbe una svolta nell’azione di Governo che la cifra politica di chi sta al timone e la relativa vicinanza alla scadenza naturale della legislatura impediscono decisamente. La linea corretta per riprendere a crescere, tanto per fare esercizio di accademia, è quella che hanno invocato inutilmente i molti commissari alla spending review, Cottarelli in testa, che sono letteralmente fuggiti a gambe levate: tagliare la spesa pubblica al fine di ridurre i proibitivi costi che ingessano la capacità di produrre valore aggiunto in questo disgraziato Paese. Si continua invece ad andare irresponsabilmente nella direzione contraria, illudendo le componenti meno avvedute del popolo che sia sempre possibile realizzare all’occorrenza il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:22