Fuori dall’Euro è notte fonda

Conoscere per deliberare, disse quel gran liberale di Luigi Einaudi. E, a quanto risulta dall’imbarazzante mancanza di una strategia d’uscita da parte dei leader britannici che hanno cavalcato la Brexit, costoro o erano in malafede o non conoscevano le enormi implicazioni di un atto tanto irresponsabile. Implicazioni gravissime per l’intera Unione europea che, come dimostra il collasso della nostra Borsa – la più penalizzata in Europa – si stanno amplificando a causa del probabile effetto domino che la stessa Brexit rischia di determinare, con l’irreversibile sfaldamento della Zona Euro e, di conseguenza, con un apocalittico ritorno per l’Italia alla moneta nazionale.

In questo modo i predicatori della cosiddetta sovranità monetaria potranno cantare vittoria sulle ceneri di un sistema economico-finanziario completamente fallito. Poiché, dopo aver beneficiato per molti anni dell’ombrello protettivo della Banca centrale europea, risparmiando una cifra colossale in fatto di interessi sull’enorme debito sovrano, la penale che i mercati finanziari imporrebbero al Paese (ovvero la massa indistinta di investitori che ci prestano i quattrini per sopravvivere) non saremmo assolutamente in grado di pagarla.

In estrema sintesi, al di là dello sconquasso prodotto nella bilancia commerciale, secondo stime accreditate un minuto dopo la nostra uscita dall’Euro la nuova moneta nazionale si svaluterebbe dal 30 al 50 per cento. A quel punto il Governo avrebbe solo due alternative: ripagare in euro i creditori, oppure ricalcolare immediatamente l’intero ammontare del debito con una fittizia parità 1 a 1, senza tenere conto della succitata svalutazione. Nel primo caso il valore dei prestiti contratti all’estero dal nostro sistema nel complesso, famiglie e imprese incluse, aumenterebbe in modo tale da portarci verso una catastrofica insolvenza, facendo uscire il Paese dal circuito della finanza mondiale. Nel secondo, ridenominando ogni debito nella nuova moneta, si tratterebbe di fatto di una vera e propria bancarotta, con la fuga in massa degli investitori e l’impossibilità di trovare, per anni e anni, finanziamenti sui mercati.

D’altro canto, osservando la difficile situazione valutaria che abbiamo vissuto prima dell’entrata nell’Euro, con ricorrenti crisi e inflazione a due cifre, bisognerebbe chiedersi se le poche incisive riforme (come quella Dini sulle pensioni) per contenere una spesa corrente inarrestabile e un debito pubblico galoppante sarebbero state messe in campo. Se l’idea dei forsennati sovranisti monetari è quella di riportarci ai fasti di una assoluta autarchia finanziaria, che di fatto si tramuterebbe in autarchia economica, sarebbe bene che il popolo che li segue conoscesse a fondo le gravi conseguenze di una simile scelta.

Sul piano politico continuo a considerare molto seria l’anomalia tutta italiana di un centrodestra, sempre più a trazione leghista, che invece di contrastare il Governo Renzi sul piano delle necessarie riforme strutturali da realizzare, dando per scontata la nostra permanenza nell’Euro, si fa rubare la scena da chi propone al Paese mortali scorciatoie monetarie con l’unico scopo di accrescere il proprio consenso.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:26