Uno spaesato Riccardo Scamarcio si trova costretto a reggere su di sé un thriller ambizioso ma dal fiato corto. Con un finale che lascia letteralmente interdetto lo spettatore. Svaniti nella notte, prodotto da Roberto Sessa per Picomedia, è il decimo film di Renato De Maria, autore di Paz! (2002), Lo spietato (2019), Rapiniamo il duce (2022). Il regista, al suo terzo lungometraggio per Netflix, firma il remake dell’adrenalinica opera argentina del 2013, I segreti del settimo piano (Séptimo), di Patxi Amezcua, interpretata da Ricardo Darín. Svaniti nella notte, girato in modo patinato (la fotografia è di Daniele Massaccesi), tra Bari, Otranto e le campagne del Salento, è stato distribuito sulla piattaforma in streaming a partire dall’11 luglio. Al centro della storia, figura Pietro (Scamarcio), un imprenditore pugliese che ha il vizio del gioco d’azzardo. L’uomo (marito poco affettuoso), sposato con la bella psichiatra newyorkese Elena (un’evanescente Annabelle Wallis), è padre (problematico) di due bambini: Bianca (Gaia Coletti) e Giovanni (Lorenzo Ferrante). Il matrimonio è in crisi. Tanto è vero che la coppia ha già avviato le pratiche di divorzio. La donna, che in Italia non è riuscita a ricreare la propria dimensione lavorativa, ha deciso di tornare negli Stati Uniti. Naturalmente vorrebbe portare con sé anche i figli. D’altro canto, Pietro non ha intenzione di lasciare Bari, dove vuole avviare una struttura ricettiva all’interno della propria masseria. Ma, a parte un importante debito nei confronti della moglie, l’uomo deve fronteggiare anche le richieste pressanti degli strozzini. Una sera, i figli restano a dormire dal padre ma spariscono in maniera assolutamente misteriosa. Una telefonata avvisa Pietro che i due sono stati rapiti e che potrà riaverli solo pagando un ingente somma per il riscatto. Pressato dalla moglie, Pietro chiede il denaro a Nicola (il sardonico Massimiliano Gallo), un criminale dalle sembianze di un mellifluo galantuomo. In cambio, però, dovrà svolgere una missione alquanto pericolosa.
È opportuno guardare il film tassativamente in lingua originale. In caso contrario, si perderebbe il plurilinguismo della pellicola. Infatti, Annabelle Wallis recita sia in italiano che in inglese. Come del resto, lo stesso Scamarcio. Purtroppo, nonostante il copione sia firmato da Francesca Marciano e Luca Infascelli, manca totalmente di profondità. Non si avverte il minimo sforzo nella caratterizzazione dei personaggi, delle loro motivazioni, delle loro paure. Di più: la sceneggiatura è gravida di salti illogici e buchi narrativi. Anche il finale, al netto di una mancanza pressoché totale del complesso di colpa, è giocato su improvvise intuizioni dell’esagitato protagonista. Pur instillando curiosità, la conclusione sfida, apertamente, la sospensione dell’incredulità, debordando oltre la soglia dell’assurdo. A onor del vero, però, merita una citazione convincente la musica tensiva di Jeff Russo, chiaramente debitrice delle atmosfere sonore hitchcockiane di Bernard Herrmann. Il film, dopo l’incipit, che rappresenta una vera e propria prolessi, nella prima parte gira fin troppo a vuoto. Dopodiché, si delineano chiaramente due binari narrativi: da una parte, la sparizione dei due bambini; dall’altra, la navigazione fino a un’isola della Grecia, l’attesa e lo scambio di droga e denaro che Pietro deve portare a compimento. Un fatto è certo. Il film manca del tutto dell’elemento essenziale del thriller: la suspense. La tensione emotiva, infatti, viene completamente raggelata da scelte di scrittura schematiche e da un’idea di regia paratelevisiva.
Aggiornato il 26 luglio 2024 alle ore 18:16