Stefano Sollima mette in scena una Capitale asfissiante e plumbea. Adagio chiude la cosiddetta “trilogia della Roma criminale” iniziata con la serie di Romanzo criminale (2010-2012) e proseguita con il film Suburra (2015). Il lungometraggio, che ha partecipato alla Selezione ufficiale della Mostra del cinema di Venezia 2023, ha ricevuto il David di Donatello (su cinque candidature) al Miglior compositore, assegnato ai Subsonica. Il film prodotto da The Apartment Pictures, società del gruppo Fremantle, Vision Distribution, dopo l’uscita in sala, arriva in contemporanea a metà maggio su Sky e in streaming su Now e Netflix. Il film racconta ventiquattro ore della vita di Manuel (l’esordiente Gianmarco Franchini), un sedicenne che, dopo la morte della madre, si prende cura del vecchio padre adottivo detto Daytona (Toni Servillo), ex membro della banda della Magliana. Vittima di un ricatto, il ragazzo va a una festa per scattare alcune foto a un misterioso politico.
Mentre filma il suo obiettivo, però, trova una telecamera nascosta e, sconvolto dall’idea che poco prima sia stato ripreso mentre sniffa cocaina, fugge via. Si ritrova inseguito dai ricattatori che si rivelano essere pericolosi e determinati a eliminare quello che ritengono uno scomodo testimone. Infatti, chi ha costretto il ragazzo a soddisfare l’incarico è Vasco (Adriano Giannini), maresciallo del Ros corrotto, a cui il materiale audiovisivo è stato commissionato da un broker, in cambio di un’ingente somma di denaro. Manuel capisce di essere invischiato in qualcosa che è più grande di lui, così si rifugia da Polniuman (Valerio Mastandrea), storico amico del padre. L’uomo, ormai divenuto cieco, accetta di aiutare il ragazzo e lo manda da un’altra vecchia conoscenza della criminalità romana, Romeo detto il Cammello (Pierfrancesco Favino), recentemente uscito di galera perché gravemente malato. Quest’ultimo, però, caccia via Manuel, preferendo godersi i suoi ultimi giorni di vita, da separato in casa, con la moglie.
Con Adagio, Stefano Sollima torna a esplorare il sottobosco malavitoso della sua Roma stretta, letteralmente, nella morsa delle sopraelevate della Tangenziale Est. Dirige una storia torbida di bassa manovalanza disperata e forze dell’ordine immorali, sullo scenario post-apocalittico di una città fiammeggiante e irrimediabilmente malata. Il pessimismo che pervade l’intera opera è coerente con la descrizione dei personaggi. Degli autentici fantasmi, ormai rassegnati alla fine. Anche la direzione degli attori è di assoluta rilevanza. Gianmarco Franchini, Adriano Giannini, Valerio Mastandrea, Toni Servillo e Pierfrancesco Favino offrono, ciascuno a suo modo, una prova superba. Carica di sfumature dolenti e disincantato cinismo. La sinuosa colonna sonora musicale dei Subsonica sottolinea la rappresentazione fatalista del declino di un’umanità intossicata. Infine, la solida struttura di un copione mai compiaciuto, firmato a quattro mani dal regista insieme a Stefano Bises, è la conferma di un cinema italiano possibile. Di genere. Di qualità.
Aggiornato il 17 maggio 2024 alle ore 20:10