Tornano su Amazon Prime Video le indagini di Carlo Monterossi. L’autore televisivo indolente, innamorato della musica di Bob Dylan, a cui dà il volto uno svogliato Fabrizio Bentivoglio, si trova al centro di un nuovo caso. Dopo l’adattamento di due romanzi di Alessandro Robecchi, editi da Sellerio, Questa non è una canzone d’amore e Di rabbia e di vento, la seconda stagione trae spunto da un altro testo robecchiano, Torto marcio, sceneggiato in cinque puntate, dallo stesso scrittore insieme a Davide Lantieri e al regista della serie Roan Johnson. L’andamento frammentario della prima stagione si conferma incoerente anche in questa seconda. La Milano “televisiva” e delirante è lo scenario in cui si compiono nuovi omicidi inspiegabili, correlati da un inquietante rituale. La vita di tre ragazzi si trova in balia degli eventi delittuosi all’interno della multietnica zona di Piazza Selinunte. Monterossi, che si annoia mortalmente a firmare come autore un programma che mette in scena la “tivù del dolore”, preferisce sedurre belle donne (come la Lucia di Donatella Finocchiaro e la Isabella di Francesca Inaudi) e giocare al Tenente Colombo con i collaboratori Nadia Federici (un’evanescente Martina Sammarco) e Luca Nucera (un insipido Oscar Falcone).
Le storie che risultano separate tra loro si uniscono in uno “spiegone conclusivo” che desta sconcerto e disorienta lo spettatore. C’è poi chi le indagini (anche segrete) è costretto a seguirle per mestiere, come i poliziotti Ghezzi (un appassionato Diego Ribon) e Carella (un divertente Tommaso Ragno) con l’agente Sannucci (una puntuale Marina Occhionero) e il loro capo Gregori (una sicura Beatrice Schiros). D’altro canto, risultano totalmente decontestualizzate le vicende dei due sicari di professione: Maurizio Lombardi (il Socio) e Gabriele Falsetta (il Biondo). Due killer stucchevoli, protagonisti di comicità involontaria. Frattanto, Flora De Pisis (una compiaciuta Carla Signoris), la conduttrice di Crazy Love, il programma ideato da Monterossi, cambia la linea editoriale: da cronaca nera a nerissima. Tuttavia, la riflessione sull’invadenza della tivù e dei social media appare datata all’acqua di rose. Fabrizio Bentivoglio è uno dei migliori attori italiani della sua generazione. L’aria svagata, tenera e disincantata rappresenta il suo marchio di fabbrica. Il problema del suo personaggio riguarda quasi esclusivamente la linea narrativa. Il plot principale cede subito il passo ai subplot governati da Ghezzi e Carella. La loro storia, il loro approccio, la loro etica è di gran lunga l’aspetto narrativo più interessante dell’intera serie tivù. A questo punto, sarebbe più onesto e produttivo concentrare le forze sul potenziale spin-off.
(*) La recensione della prima stagione della serie tivù Monterossi
Aggiornato il 08 dicembre 2023 alle ore 08:44