A Marco

lunedì 13 giugno 2022


Animula vagula blandula/Hospes comesque corporis,/Quae nunc abibis in loca/Pallidula rigida nudula,/Nec, ut soles, dabis iocos.

Animuccia vagabonda, leggiadra,/ospite e compagna del corpo./In quali luoghi andrai ora/Tu pallida, fredda e nuda?/E non darai più gioia, come sei solita”. Sono le parole di Adriano nel trapassare. In antitesi a esse troviamo quelle di Agostino di Tagaste: Se mi ami non piangere/Non piangere per la mia dipartita/... Se tu conoscessi il mistero immenso del cielo dove ora vivo;/se tu potessi vedere e sentire ciò che io vedo e sento in questi orizzonti senza fine, e in quella luce che/ tutto investe e penetra, non piangeresti.

Sono due modi di sentire il momento del trapasso, della morte. Adriano imperatore è ancora legato all’idea dell’Ade. Αδης, da - privativo e dalla radice ἰδ-“vedere”: Ade sarebbe dunque l’“oscuro”. Agostino conosce bene sia la natura dell’Ade che il mistero del Golgota. Sa che il Cristo, spirato il fisico di Gesù sulla croce, è sceso nell’Ade, ha tolto Adamo, l’umanità, dal luogo oscuro, trascinando il tutto nei cieli di luce, risplendenti.

Rifletto su questo da quando mio cugino Giulio mi ha telefonato, per comunicarmi che suo fratello Marco, mio cugino, era mancato. Ho pianto. Mi sono sentito sulla guancia come uno schiaffo. Lo schiaffo vibrato da Ambrogio ad Agostino, in Ostia, quando si permise di piangere per la morte della madre. Proprio Marco aveva fatto la stessa cosa con me, quando mancò mia madre. Per provocare una scossa nella mia psiche. Con le stesse certezze di Ambrogio, che furono le medesime di Agostino, come si vede dai versi successivi? Non saprei.

Marco era un moderno, molto più immerso nel secolo di me. Gli esseri umani d’oggi si chiedono ancora dove vada quell’animuccia vagabonda? Molti svicolano la domanda come studenti impreparati. Celebrano, o meglio, evadono esequie frettolose e pubblicano necrologi di circostanza. Altri ripongono qualche speranza, fidenti, nei racconti, resi noti talora sui mezzi di comunicazione sociale, di gente uscita dal coma, narrante d’aver visto lunghi percorsi oscuri, finiti in una luce abbagliante. I più invitano a non soffermarci a congetturare ma a pensare ai vivi, ai loro bisogni.

Chi sono, però, i vivi? Nelle catacombe, è il giorno in cui l’anima e lo spirito, che si sono svincolati dal corpo, a essere indicato come dies natalis. Prima il corpo fisico era prigione, come affermò Platone? E il Cristianesimo è platonismo popolarizzato, come scrisse Friederich Nietzsche? O è il Tempio dello Spirito? Così Gesù Cristo: “Distruggerò il Tempio e lo ricostruirò in tre giorni”. Morte sul Golgota e resurrezione dal Santo Sepolcro. Oppure siamo come le foglie, che cascano d’autunno e rinverdiscono di primavera, come ha scritto Jiddu Krishnamurti.

Comunque, tutti dobbiamo passare per questi stati dell’essere. L’Ade o il Paradiso non sono luoghi fisici, sottoterra o nell’Alto dei Cieli, ma stati di coscienza. Prego perché tu, Marco, ti senta in Paradiso.


di Riccardo Scarpa