Visioni. “Ariaferma”, un piccolo e rigoroso capolavoro realista

Leonardo Di Costanzo firma un piccolo e rigoroso capolavoro realista. Ariaferma, dopo la presentazione fuori concorso alla 78ma Mostra del cinema di Venezia e l’approdo nelle sale italiane, dal 7 gennaio è visibile in streaming su Amazon Prime Video. Il regista 64enne originario di Ischia (Napoli), apprezzato autore di documentari, dopo L’intervallo (2012) e L’intrusa (2017), gira il suo terzo lungometraggio di finzione. Ariaferma, scritto dall’autore con Bruno Oliviero e Valia Santella, è ambientato in un carcere che sta per essere chiuso. Ma, alla vigilia del trasferimento dei detenuti e degli agenti di polizia penitenziaria, arriva un contrordine. La direttrice responsabile viene trasferita altrove. La struttura che dovrebbe accogliere i detenuti non è al momento disponibile. In attesa di nuove comunicazioni, poche guardie devono vigilare sugli ultimi dodici reclusi.

Il presidio è capitanato da Gaetano Gargiulo (un misurato Toni Servillo), coadiuvato da Franco Coletti (un sanguigno Fabrizio Ferracane). La cucina, chiusa per via della smobilitazione del carcere, diventa l’oggetto del contendere. Il boss manipolatore Carmine Lagioia (un altero Silvio Orlando) promuove lo sciopero della fame. Così, va in scena un gioco di nervi tra l’autorità costituita rappresentata da Gargiulo e il contropotere impersonato dal capobranco Lagioia. Un conflitto tra guardie e detenuti. È su questa contesa che punta Di Costanzo. L’originalità del film risiede nella “prova di forza” sulle dinamiche del potere. Ariaferma rifugge volutamente il classico racconto carcerario governato da sadici aguzzini (guardie) e da sofferenti vittime (detenuti). L’approccio narrativo, assolutamente realistico, è permeato da una suspense sommersa. Le musiche di Pasquale Scialò sottolineano il passo d’inquietudine felpata che guida il film.

L’atmosfera plumbea è assecondata dalla fotografia livida di Luca Bigazzi. Il montaggio di Carlotta Cristiani è carico di impercettibile ritmo. Di Costanzo gioca con gli spazi disadorni abitati da uomini (sia guardie che detenuti) che condividono il medesimo destino. I ruoli sono chiari. Non c’è possibilità di confondere tra gerarchie e bisogni. La messa in scena è attenta a rappresentare un duello dialettico e fisico “in levare”. I protagonisti sono, naturalmente, un malinconico Silvio Orlando e un asciutto Toni Servillo, che non concede sconti. Eppure non vuole rinunciare a una consapevole e condivisa umanità.

Aggiornato il 21 gennaio 2022 alle ore 18:30