Nadia Murad e le altre: storie di prigionia e schiavitù sessuale

Nadia Murad, Premio Nobel per la pace, sopravvisse al genocidio degli Yazidi nell’Iraq settentrionale perpetrato dall’Isis e a soli 23 anni divenne testimonial davanti al Consiglio di Sicurezza dell’Onu: simbolo di una minoranza religiosa, sterminata dal così detto Califfato islamico. In seguito, nella veste di ambasciatrice delle Nazioni Unite, la giovane ha partecipato a iniziative per sensibilizzare sull’angosciante argomento della tratta di esseri umani e dei rifugiati e ha raggiunto varie comunità di sopravvissuti per ascoltare nuove testimonianze e acquisire ulteriori denunce. La sua esperienza di vita l’ha raccontata in un libro scioccante “Last girl” (L’ultima ragazza), un testo che sembrerebbe un racconto horror, ma che purtroppo narra solo ed esclusivamente la verità.

Nell’agosto del 2014, Nadia era una studentessa Yazida di ventuno anni quando i miliziani dell’Isis giunsero nel suo villaggio, Kocho, radunarono la comunità, uccisero 600 persone, tra cui 6 fratelli di Nadia, la resero schiava insieme alle altre ragazze: divenne così una delle 6700 donne ridotte in queste condizioni nel solo Iraq. La schiava Nadia fu deportata a Mosul, ove fu seviziata in ogni modo, picchiata, ustionata, stuprata ripetutamente e sottoposta a ogni genere di umiliazione e di violenza fisica e psicologica. Per fortuna, nel novembre dello stesso anno, grazie alla sbadataggine di una sentinella, riuscì a fuggire, trovò rifugio presso una famiglia in zona; aiutata da alcuni raggiunse il campo profughi di Duhok, nel nord dell’Iraq, poi riparò in Germania e precisamente a Stoccarda.

Ritornata alla libertà, Nadia decise di denunciare al mondo intero lo sterminio sistematico perpetrato nel vicino Oriente. Coltivò, da sempre, la speranza che i colpevoli comparissero di fronte alla Corte penale internazionale dell’Aia e venissero giudicati e condannati per i loro abominevoli crimini contro l’umanità. Inoltre, Nadia Murad ha ulteriormente investigato e raccolto nuove prove degli orrori avvenuti. Fra l’altro, ha documentato l’organizzazione dei mercati e della tratta delle schiave, ivi incluse le chat on-line per vendere e scambiare ragazze Yazide.

Il suo messaggio è un invito a non lasciarsi sopraffare dalla violenza e a conservare, intatta, la fierezza della propria appartenenza, anche di fronte a una guerra assurda e spietata. Grazie anche alla sua opera in Iraq è stata varata una legge che prevede risarcimenti per le donne Yazide sopravvissute ai crimini sessuali e al genocidio. Stando a quanto descritto e contenuto nel sito per i diritti umani “Open Global Rights”, la legge fornisce misure di ristoro su vari piani per le donne catturate e detenute dai terroristi: risarcimento patrimoniale e morale, riabilitazione, trattamento medico e opportunità di reinserimento lavorativo. Infine, lo Stato iracheno ha stabilito per legge che nessun responsabile di qualunque azione di rapimento, detenzione, maltrattamento, violenza, potrà  mai essere incluso in una amnistia generale o speciale.

Purtroppo, nel corso dei conflitti, lo stupro sistematico della popolazione femminile è un fenomeno assai diffuso ed è spesso connesso al genocidio, il suo intento è quello di generare terrore e, dunque, di annichilire qualunque forma di resistenza e di distruggere l’identità di un popolo o di una cultura. I combattenti sono spesso incoraggiati a commettere violenze di ogni genere, garantendo loro l’impunità futura e instillando in loro la convinzione che i cosiddetti nemici sono il male e, pertanto, nei loro confronti non deve esistere nessuna forma di pietà. L’avversario va sradicato: donne e bambini appartenenti all’altra parte sono a loro volta e nel migliore dei casi “res nullius”, quindi alla loro mercé, possono essere ridotti in stato di schiavitù o ridotti al ruolo di trastullo sessuale fino a quando se ne ha voglia. Dopodiché possono essere scambiati o eliminati. Si genera in tal modo una girandola di abominio: gli umani non sembrano imparare nulla dai propri mostruosi errori.

(*) Nadia Murad, “L’ultima ragazza. Storia della mia prigionia e della amia battaglia contro l’Isis”, Mondadori, tradotto da Manuela Faimali, 348 pagine

Aggiornato il 25 settembre 2021 alle ore 10:29