L’economia che fa rinascere la cultura

Quando ho sentito parlare di Danilo Dadda, amministratore delegato dell’impresa edile Vanoncini di Mapello (Bergamo) ho provato una grande emozione, dovuta al fatto che, improvvisamente, ho avuto conferma di come la libera economia possa stimolare la rinascita della cultura, di come la prosperità materiale e l’etica aziendale possano promuovere il sapere e l’erudizione.

Il manager in questione ha una vera passione per la lettura. La sua idea di pagare i dipendenti per leggere è nata durante il lockdown dello scorso anno, al fine di “condividere bellezza, cultura, esperienza ed emozioni”. Una volta a settimana – ha spiegato in una sua intervista a Tgcom 24 – c’è la presentazione di un libro letto, fissata prima di una riunione commerciale o tecnica. Durante quest’incontro, della durata di un’ora, si condividono impressioni ed emozioni su quanto si è letto e ci si conosce meglio: in questo modo – dice Dadda – si migliora il clima di lavoro e si crea maggior coesione tra i dipendenti, che vengono pagati cento euro per la lettura di un libro in italiano e trecento euro se il libro è in lingua straniera.

Nelle riunioni coi suoi dipendenti, dichiara l’amministratore delegato, capitava spesso di parlare di libri e molti dei suoi collaboratori lamentavano di non avere tempo o di essere semplicemente troppo pigri o stanchi per leggere. Con il lockdown del 2020 il tempo a disposizione di ciascuno è notevolmente aumentato, ed è così che è maturata l'idea di un “Book Club”, che ha avuto la capacità di unire e di promuovere il valore dello scambio e della partecipazione.

Immediatamente la maggior parte dei dipendenti – dai dirigenti fino ai muratori – hanno aderito all’iniziativa (facoltativa): alcuni hanno riscoperto il piacere della lettura, altri si dicono contenti per aver contribuito ad abbattere il pregiudizio dell’operaio illetterato, altri ancora hanno colto l’occasione per imparare cose nuove e per aprire la mente a nuovi orizzonti. Durante le riunioni, ognuno presenta il libro letto esponendo agli altri come lo ha vissuto, come lo ha assimilato, le impressioni e le emozioni che ha suscitato in lui. In questa maniera – spiega il manager – si coinvolgono gli altri, li si invoglia a loro volta alla lettura e si rafforzano quei legami, quelle relazioni che contribuiscono allo spirito di squadra e che aiutano a mettere passione e impegno nel lavoro.

Il beneficio che ne ricava l’azienda è evidente. Certo – dichiara ancora Danilo Dadda – la presenza di incentivi economici sarà stata stimolante all’inizio, ma col tempo ha smesso di essere un fattore determinante, ed è diventato lo spirito stesso dell’iniziativa il vero motore, la forza attrattiva, del progetto. Si tratta di una storia bellissima ed emozionante. Questo è chiaro. Ma ci fa capire una cosa fondamentale: la libertà economica non si limita – o almeno non necessariamente – alla libertà di fare impresa, realizzare profitti, lavorare, guadagnare e scegliere come investire i propri utili, ma è in grado di promuovere tutta un’altra serie di conquiste di libertà: prima fra tutte quella della mente, della cultura, del pensiero. L’etica aziendale non è semplicemente quella del lavoro, del sacrificio e del tentativo di emergere, ma può tradursi – come in questo caso – anche nella necessità di ampliare gli orizzonti e le conoscenze dei dipendenti e dei dirigenti. Un’azienda i cui membri sono istruiti e formati è un’azienda necessariamente più dinamica – giacché, in generale, a una mente attiva corrisponde anche maggiore operosità – e più competitiva, dato lo stretto legame tra concorrenza, conoscenza, inventiva, capacità logiche e spirito d’iniziativa.

Ci si lamenta spesso del fatto che gli italiani leggano poco: siamo all’ultimo posto, in Europa, per libri letti ogni anno. Addirittura, ci sono persone che non leggono nemmeno un libro all’anno. Molti ritengono la lettura una cosa superflua: leggere sarebbe – a giudizio di costoro – tempo sprecato. Altri ancora ritengono la lettura un passatempo per pochi privilegiati: chi deve lavorare, una volta tornato a casa, ha ben poco tempo e attenzione per dedicarsi ai libri. Cultura ed economia sono molto più legate di quanto si pensi: l’erudizione e l’apertura mentale di un popolo, così come di un individuo, è alla base del suo successo professionale ed economico, perché le sue conoscenze lo mettono nelle condizioni di sfruttare tutte le opportunità che gli vengono offerte (o di crearsele) e di svolgere la sua professione con dedizione, impegno, disponendo di tutte le informazioni necessarie e di quell’abitudine che la mente acquisisce – mediante l’attività intellettuale – ad unire le idee, a connettere le informazioni provenienti dal mondo esterno, ad elaborare i dati e ad adattarli alle sue esigenze.

Il declino economico e culturale vanno a braccetto. Al contrario, il capitalismo e la libera imprenditoria – come dimostra la storia di Danilo Dadda e della sua azienda – non promuovono solo il benessere materiale, ma anche l’elevazione morale e culturale degli individui. Si legge, si studia e ci si informa poco laddove non si ritiene necessario farlo, laddove le conoscenze acquisite non vengono viste come un capitale da reinvestire, come una risorsa per il miglioramento della propria posizione sociale: vale a dire laddove l’economia è stagnante e caratterizzata dall’immobilismo, perlopiù indotto o determinato dalle pessime politiche economiche.

Aggiornato il 06 maggio 2021 alle ore 10:40