Caligola è nome da omo, Caligola, come Agrippina. A ‘gnorante”. Questo era Bruno Fioretti detto Mandrake, ovvero Gigi Proietti, nel film cult “Febbre da cavallo” del 1976. L’attore romano, one man show al cinema e a teatro, è morto nella primissima mattinata di oggi, 2 novembre: il giorno del suo ottantesimo compleanno. Era ricoverato in una clinica romana per degli accertamenti. La famiglia, in una nota, ha detto: “Nelle prime ore del mattino è venuto a mancare all’affetto della sua famiglia Gigi Proietti. Ne danno l’annuncio Sagitta, Susanna e Carlotta. Nelle prossime ore daremo comunicazione delle esequie”.

Gigi Proietti era a nato a Roma nel 1940 in via Giulia. Nell’immediato dopoguerra con la famiglia si è trasferito prima vicino al Colosseo, poi al Tufello e all’Alberone. Scuola, la famiglia, la parrocchia. All’epoca “l’oratorio era luogo di aggregazione per eccellenza”, dove ha mostrato “un istinto verso il gioco della rappresentazione”: così è riportato sulla biografia del proprio sito ufficiale.  L’incontro con il teatro è avvenuto in ambito universitario. Dopo il Liceo classico, Proietti si è iscritto alla facoltà di Giurisprudenza. Nel frattempo, ha partecipato come comparsa nel film “Il nostro campione” del 1955, diretto da Vittorio Duse, con Aldo Bufi Landi e Alessandro D’Ottavio. All’inizio degli anni Sessanta, l’Università La Sapienza ha promosso attività parallele al normale corso di studi. Tra queste, c’è stato il tentativo di recuperare il glorioso Cut (Centro teatrale universitario). I docenti sono dei teatranti “che trasmettono la propria disciplina e la propria esperienza – si legge sul portale dell’attore romano – tra questi, Giancarlo Cobelli, che insegna mimica all’Atenco e con lui ebbe il vero e proprio debutto nel novembre del 1963 nel teatro-cabaret, all’Arlecchino di Roma ora Teatro Flaiano, con “Il can can degli italiani”. Sono diventati una piccola leggenda quei dieci minuti, non undici, nei quali musicò dei versi di Ennio Flaiano”. E Proietti si è subito distinto “per la forza scenica e per la molteplicità di risorse”.

Cinquant’anni di attività, trentatré fiction, quarantadue film, cinquantuno spettacoli teatrali di cui trentasette da regista. E all’attivo anche dieci album come solista e la direzione di otto opere liriche. “Raccontare la propria vita non è cosa da tutti – ha scritto Gigi Proietti nella sua autobiografia “Tutto sommato qualcosa mi ricordo” – certo, chiunque può ricordare gli episodi, cercare di storicizzare, fare riflessioni su come passa il tempo e come cambiano le cose. Ma l’odore della povertà misto a quello del sugo della domenica, i richiami delle mamme ai figli discoli che non tornano per cena, l’allegria irrecuperabile del mercato, le chiacchiere sui marciapiedi come li spieghi a chi non c’era? I “faccio un goccio d’acqua” sui muri ancora freschi di calce, la partita a tressette, la vita in strada, le donne ai davanzali, le chiacchiere dei disoccupati...tutto questo, come puoi farlo rivivere in chi legge?”. Con un’aggiunta: “Forse non è stato neppure come lo ricordi tu, perché nel ricordo hai enfatizzato qualcosa, e qualcos’altro hai rimosso'”.

Eppure i ricordi, oggi, non sono mancati. Tanti i messaggi di cordoglio. A cominciare dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: “Con Gigi Proietti non se ne va solo uno dei volti più amati dal pubblico, ma anche uno straordinario protagonista della nostra cultura. Proprio nel giorno del suo compleanno ci lascia un genio dello spettacolo che ha saputo divertire e commuovere milioni di italiani. La sua scomparsa addolora tutto il Paese”. Così Virginia Raggi, su Twitter: “Profondo dolore e grande tristezza per la morte di Gigi Proietti. Con lui perdiamo un pezzo di anima della nostra città. In questo momento siamo vicini alla famiglia, agli amici e a tutti coloro che lo hanno amato. Roma non lo dimenticherà mai”.

“Oggi ci lascia un attore gigantesco – ha scritto Carlo Verdone su Facebook – sul palcoscenico tra i migliori se non il migliore. Enorme presenza scenica, maschera da attore dell’antica Roma, tempi recitativi sublimi. Era un volto che rassicurava che l’identità di questa città ancora vive.  Discepolo di Ettore Petrolini, forse più volte ha superato il suo maestro. Autorevolezza, cultura, generosità e umiltà. Questo era Gigi Proietti”. Mentre Enrico Montesano ha sintetizzato così tutta la sua commozione: “Te pòssino Mandra’, proprio oggi?”. Già, questa è stata l’ultima mandrakata di Gigi Proietti, dal sapore amaro. “È un whisky maschio, senza raschio”: addio a un grandissimo.

Aggiornato il 01 marzo 2021 alle ore 19:05