Opinioni a confronto: Separati in casa

martedì 24 marzo 2020


Gl’Italiani non sono mai stati così divisi fra loro come in questo periodo, isolati, addirittura, uno per uno. Ma al tempo stesso, proprio a causa di questo isolamento, sebbene divisi fisicamente, sono uniti spiritualmente come forse non lo sono mai stati.

Approfittiamone e cambiamo subito il nostro inno nazionale, o perlomeno queste strofe: ‘Noi siamo da secoli /calpesti, derisi, /perché non siam popolo, /perché siam divisi. /di fonderci insieme già l’ora suonò’.

Il provvido virus

che ci ha separati,

che fisicamente

ci ha tutti isolati,

ha fatto il miracolo

di unirci idealmente:

caduto è l’ostacolo

con questo accidente.

“Il Coronavirus ha dei precedenti, innanzitutto la pandemia del 1969 che anche allora ebbe le sue radici in Cina l’anno precedente e da lì si sviluppò prima in Asia, poi negli Stati Uniti e in Europa: la cosiddetta “influenza spaziale”, che provocò ventimila decessi e che in Italia mise a letto 13 milioni di persone contagiate. Ma prima ancora, nel 1918, c’era stata la “Spagnola” che causò decine di milioni di morti in tutto il mondo. Per non parlare dell’Asiatica, del colera, della peste e di altre malattie o catastrofi naturali”.

“Ma non è questo che qui c’interessa. La riflessione che dobbiamo fare è che, come dice il proverbio, ‘non tutti i mali vengono per nuocere’. Dante, che fra parentesi è dovuto andare all’Inferno per poter salire in Paradiso (e dunque conoscere il male per arrivare al bene) a questo proposito, nel canto VI del Purgatorio, di fronte ai mali, morali e materiali, che affliggevano l’Italia, dopo avere rimproverato Dio perché volgeva gli occhi altrove disinteressandosi del nostro “Bel paese”, gli domandò: “O forse nell’abisso del tuo consiglio, che a noi non è dato conoscere, questo male è il presupposto e il preannuncio di un bene futuro che noi non possiamo intravedere?”. E sempre Dante, che è una fonte inesauribile di verità e di citazioni, non dice ancora che “ogni cosa disposta cade a provveduto fine”?. Chissà che pure questa volta non si rinnovi il miracolo a cui già accennava Virgilio nella sua ecloga IV in quel celebre passo: “Sta per sorgere una nuova epoca, torna giustizia e primo tempo umano, e progenie discende da ciel nuova”.

“Dunque c’è qualcosa di positivo, forse, in questo male che Dio ci ha mandato, per cambiare non solo gl’Italiani ma l’intera umanità. Atene cadde affinché il mondo potesse conoscere Platone. E oserei dire che l’olocausto degli ebrei è stato un mezzo affinché quel popolo disperso per il mondo potesse avere finalmente una patria. Papini diceva: La libertà non si merita se non dopo una lunga costrizione di prigionia”.

“Un’altra riflessione che possiamo fare, non per consolarci ma per riconoscere e dire una verità, è questa: Alla fine dell’ultimo conflitto mondiale, di fronte a tante rovine, materiali e morali, nonostante il ritorno di antichi odi e rancori, risalenti al primo dopoguerra, gl’Italiani si diedero da fare, quella volta tutti uniti fisicamente perché volti alla ricostruzione del Paese. Chissà se questa volta il popolo italiano cambierà veramente, all’insegna dell’amore e dell’unità”.

“Le sventure insegnano sempre cose positive, ma comportano inevitabilmente dei morti: il bene costa e si paga, spesso con la morte, che non risparmia gl’innocenti, come la piccola Cecilia dei Promessi Sposi (anche lì durante una peste). È difficile trovare una spiegazione a questo alternarsi del bene e del male: Dante osservava che Dio stesso c’impedisce di scoprire questo grande mistero, Carducci diceva: “Meglio oprando obliar senza indagarlo questo enorme mister dell’universo”, Pascoli sfogliava ‘avanti e indietro, indietro e avanti, con impazienza e con rabbia, inutilmente, il ‘libro del mistero’”.

“Scendeva dalla soglia d’uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna. Portava essa in collo una bambina di forse nov’anni, morta; ma tutta ben accomodata, co’ capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l’avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Un monatto andò per levarle la bambina dalle braccia, ma quella, tirandosi indietro, senza però mostrare sdegno né disprezzo, ‘no!’ disse: ‘non me la toccate, devo metterla io su quel carro’. E dato a questa un bacio in fronte, la mise lì come su un letto, ce l’accomodò, le stese sopra un panno bianco, e disse l’ultime parole: ‘Addio, Cecilia! Riposa in pace! Stasera verremo anche noi, per restar sempre insieme. Prega intanto per noi; ch’io pregherò per te e per gli altri’. Poi, voltatasi di nuovo al monatto, ‘voi’, disse, ‘passando di qui verso sera, salirete a prendere anche me, e non me sola’. Così detto, rientrò in casa, e prese in braccio un’altra bambina più piccola, viva, ma coi segni della morte in volto. E che altro poté fare, se non posar sul letto l’unica che le rimaneva, e mettersele accanto per morire insieme? Come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccio, al passar della falce che pareggia tutte l’erbe del prato”.

 

 

 

 

 


di Mario Scaffidi Abbate e Renato Siniscalchi