Opinioni a confronto: la memoria storica

“Stanotte ho fatto un sogno, bellissimo, ma come mi sono svegliato non ne ho ricordato minimamente il contenuto. Però mi è rimasta dentro per diverso tempo, mentre cercavo di ricordarlo, una dolcezza indescrivibile”.

“Capita anche a me molte volte. A questo proposito Dante alla fine del suo viaggio, nel canto XXXIII del Paradiso, riferendosi alla sua visione di Dio dice: ‘Qual è colui che sognando vede, e dopo il sogno la passione impressa gli resta e il contenuto non lo vede, tale son io, ché tutta quanta cessa la mia visione ed ancor mi distilla nel cuore il dolce che nacque da essa’”.

“Tu hai sempre pronta per ogni argomento una citazione: alla tua età è raro, anzi, rarissimo, avere una memoria così formidabile, e inoltre una vena poetica tanto feconda”.

“La memoria è il dono più grande che ci abbia fatto Dio: è come il filo di Arianna della nostra vita, che ci mantiene coscienti di essere sempre noi, sempre gli stessi. Se perdessimo la memoria di ciò che diciamo, che facciamo e che vediamo, se quel filo si spezzasse, non saremmo niente. D’Annunzio, ecco un’altra citazione, diceva: ‘Io nacqui ogni mattina. Ogni mio risveglio fu come un’improvvisa nascita nella luce: attoniti i miei occhi miravano la luce e il mondo’. Mutava ogni giorno dentro di lui qualcosa, perché così vuole la conoscenza, ma la sua coscienza, la coscienza di sé, restava sempre la stessa”.

“Oggi in Italia per memoria s’intende solo la memoria storica, riferita soltanto a certi fatti, che ad alcuni, o a molti, per via della politica, fa comodo ricordare: l’olocausto, le foibe, il Fascismo, di cui si ricordano solo le leggi razziali. Intanto le foibe e l’olocausto appartengono ad altri popoli, non al nostro, dunque quei fatti potrebbero risparmiarceli, e poi non credo che questi ricordi facciano bene ai giovani. Su Internet, in cui sono andato a cercare la celebre frase latina ‘Memoria minuitur, nisi eam exerceas’…”.

“L’ha scritta Cicerone nel De Senectute: ‘la memoria diminuisce se non la eserciti’”.

“L’ho letto, ma volevo dire che sotto quella frase un tizio, mi pare un certo Sartori, ha aggiunto: ‘Alleniamo la memoria, altrimenti verrà meno e si ripeterà un nuovo olocausto’”.

“Hai capito a che cosa serve oggi la memoria? Io non dico che quei fatti orrendi non debbano essere ricordati, ma almeno la televisione appena ti siedi a tavola per mangiare non dovrebbe presentarti come antipasto i filmati e le foto di quegli eventi terribili. Ogni giornata è una ‘Giornata della memoria’. Quei filmati li vedono pure i bambini e come possono crescere così? Perché non ci fanno vedere anche certe foto ancora più orrende? Come quella dei comunisti che nel primo dopoguerra, accendendo loro la miccia della lotta civile, a Sarzana immersero due giovani studenti in una vasca piena d’acqua bollente e, presa una forca, li scarnificarono, gli cavarono gli occhi, gli mozzarono braccia e gambe e, non paghi, gli staccarono anche la testa. Certe scene, sempre da parte dei comunisti, le ho viste anch’io, nel ’43, nella valle dell’Ossola, ma guai a parlarne! I gendarmi della memoria (storica) vigilano affinché nessuno si azzardi a farne il minimo cenno. Ho parlato di gendarmi perché è stato Giampaolo Pansa a creare quella espressione in un libro intitolato appunto I Gendarmi della memoria, col sottotitolo ‘Chi imprigiona la verità sulla guerra civile’”.

“Non l’ho letto”.

“Ce l’ho io, con la sua dedica. Te lo posso prestare. Lo conobbi alla presentazione del suo libro Il sangue dei vinti, prima del quale io, nel ’46, avevo già scritto Dalla parte dei vinti, che tutti gli editori a cui lo consegnai si rifiutarono di pubblicare. Me lo portai dietro e glielo mostrai. Fui il primo, fra il pubblico, a cui dedicò quel suo libro, scrivendovi sopra: ‘Al primo dei seniores…’. I Seniores erano una associazione culturale della Destra, presieduta da un noto personaggio di cui purtroppo non ricordo il nome (a volte la memoria fa dei brutti scherzi), ma fra i relatori c’era Enzo Fragalà, a cui devo, insieme con Francesco Gironda, della Bietti, la pubblicazione del mio libro Avanti march!”.

“E chi sono i Gendarmi della Memoria?”.

“Come ha scritto Pansa nella Introduzione, sono quelli che si sentono gli unici custodi del solo racconto autorizzato e legittimo del conflitto interno che insanguinò l’Italia fra l’autunno del 1943 e l’aprile del 1945, per poi sfociare in una dura resa dei conti sui fascisti sconfitti. E tutto ciò che contraddice il loro racconto deve essere smentito o ignorato. E sessantadue anni dopo, scrive sempre Pansa (il libro è stato pubblicato nel 2007), gli eredi di quei Gendarmi ‘continuano a comportarsi con la stessa arrogante sicumera di allora. Per loro il tempo non passa mai, sono rimasti inchiodati a quell’epoca’. E Pansa così conclude: ‘Ho provato una sensazione orribile e per me nuova: di non essere più un cittadino libero di scrivere e di discutere le proprie opinioni (mettendole a confronto con quelle di altri, sine ira et studio, come diceva Tacito, senza ira né pregiudizi, senza odio e senza veleno). La stessa sorte sta capitando a me, a novantaquattro anni, con un piede già nella fossa”.

“In che senso?”.

“Nel senso che gli editori si rifiutano di pubblicare i miei ultimi libri perché non sono ‘allineati’ con la memoria storica dei Gendarmi della memoria”.

“Ho letto, proprio su l’Opinione, un articolo di Giuseppe Talarico, dell’ottobre 2013, in cui il giornalista ha scritto che ‘senza la memoria storica una comunità rischia di perdere e smarrire il significato e il senso profondo della propria identità culturale e civile’”.

“Condivido in generale quel giudizio, ma un popolo non può andare avanti, progredire e migliorare, se si ostina, per secoli, a ricordare, come diceva Papini ‘tutto e soltanto il marcio sanguigno che cola sulla faccia della Terra’, e tanto peggio se se ne rovescia la storia. Per fortuna c’è ancora tanto bene nel mondo, e dovrebbe essere raccontato anch’esso. Ma purtroppo non sono ancora scomparse, soprattutto in Italia, le ‘anime belle’ di cui parlava Nietzsche, i ‘denigratori della storia’ che, nel bene e nel male, appartiene a tutto il popolo, tanto più quando i denigratori non sono che un pugno di uomini, che però fanno tanto baccano”.

“Da noi la memoria storica si ferma solo su alcuni episodi, quando, come diceva Vico, la storia dell’uomo è la storia di Dio in veste umana”.

“Già Seneca e Marco Aurelio, per citare due soli nomi, dicevano che tutti i fatti e tutti gli uomini sono interconnessi fra di loro, come gl’ingranaggi di un meccanismo, dal più piccolo al più grande, dal più nobile al più spregevole, dal più povero al più ricco, in una serie innumerevole di rapporti e di interdipendenze delle più diverse nature, per cui quello che fa uno è come se lo facessero tutti simultaneamente, in una susseguente molteplicità e diversità di tempi e di luoghi. E poiché ciascuno partecipa della vita di tutti, tutti sono artefici e responsabili delle azioni di ogni singolo, come ogni singolo è artefice e responsabile delle azioni di tutti. Tutto ciò che esiste e che accade nel mondo e nell’universo intero è perciò riconducibile a Dio, come del resto dice spesso la Bibbia, che secondo la Chiesa è ‘Parola di Dio’”.

“Anche le leggi razziali?”.

“Le leggi razziali risalgono al Cinquecento e sono state scritte addirittura da un papa, Paolo IV, il quale emanò una bolla che istituiva a Roma e in altre città italiane il Ghetto per gli ebrei. Essa diceva testualmente: ‘Poiché è assurdo e sconveniente al massimo grado che gli ebrei, che per loro colpa sono stati condannati da Dio alla schiavitù eterna, possano mostrare tale ingratitudine verso i cristiani e oltraggiarli per la loro misericordia e pretendere dominio invece di sottomissione; e poiché la loro sfrontatezza è giunta a tanto che essi si azzardano non solo di vivere in mezzo ai cristiani, ma anche nelle vicinanze delle chiese senza alcuna distinzione di abito, e che commettono numerosi misfatti a vergogna e disprezzo del nome cristiano; per tutto ciò ci siamo veduti costretti a prendere i seguenti provvedimenti: Gli ebrei dovranno abitare in strade separate dalle case dei cristiani e munite di un portone di chiusura; portare un segno distintivo per poter essere riconosciuti, un berretto giallo per gli uomini e un velo o uno scialle per le donne; vendere ai cristiani tutti gli immobili che possiedono; non avere servitù cristiana e rapporti, anche di semplice amicizia, con i cristiani; tenere botteghe solo nel ghetto e vendere soltanto stracci e abiti usati’. Ma possiamo risalire ancora più lontano, al tempo di Mosè e di Abramo, quando Dio stesso (sempre stando alla Bibbia, che per la Chiesa è ‘Parola di Dio’) puniva con la morte, a migliaia, gli ebrei che ‘si allontanavano da Lui, adorando altri dèi’ (nei quali evidentemente credeva, altrimenti perché si sarebbe dovuto arrabbiare e compiere quelle stragi?)”.

“Il male a volte, come tu mi hai insegnato, e come diceva Dante, non è che il presupposto di un bene che verrà, pur se lontano”.

“Ciò però non ci esime dal combatterlo, ma pure questo rientra nel gioco dialettico di Dio, il cui strumento è la parola. Perché dunque dovrebbe essere un’eresia dire che fu per via dell’olocausto che gli Ebrei, dopo tanto peregrinare sparsi per il mondo, hanno ottennero finalmente una patria, e che senza il Fascismo gl’Italiani non avrebbero conosciuto e ottenuto la libertà e la democrazia? Il vero storico, come l’uomo saggio, guarda la Storia nel suo insieme, è lì che sta la verità, non in questo o in quell’episodio isolati dal contesto. Questo è l’insegnamento che dovrebbero dare lo Stato e la Chiesa, che nel Padre nostro, dettato da Gesù, dice a Dio ‘Sia fatta la tua volontà’”.

 

La memoria storica

 

Quant’è brutta ’sta memoria

che ci strugge tuttavia,

non c’è un minimo di gloria,

è una vera porcheria.

 Tra le foibe, gli olocausti,

i fascisti e i belzebù,

alla sera siamo esausti,

proprio non se ne può più.

 Una volta la memoria

era tutta un’altra cosa:

nella mente, premurosa,

ti stampava le poesie.

 Ora invece te la trovi

solamente sul computer:

vai su Internet e scovi

tutto quello che non sai.

 Poi ci sono i cellulari:

te li metti in tasca e via.

Son compagni tanto cari,

non averli è una follia.

 Devi andare con la macchina

in un posto assai lontano?

Non ricordi più la strada?

Sta’ tranquillo, piano piano

 tira fuori il cellulare,

clicca sul navigatore:

non ti serve di guardare,

tu l’ascolti e con lui vai.

 Ma lo studio è un’altra cosa:

se tu leggi un libro vero

il pensiero, senza posa,

te lo stampa tutto intero.

 Ora, poi, sul cellulare,

verbigrazia, c’è persino

la versione di latino,

e così la puoi copiare

 senza far tanta fatica.

L’insegnante, infatti, a scuola,

che non è più quell’antica,

non s’affanna, non si sgola,

 tanto, pensa, la lezione

te la fanno i cellulari.

Se qualcosa non capisci

trovi lì la soluzione.

 Due più due fa sempre quattro,

perché quella è Matematica,

ma nel campo della Storia

la memoria è capovolta.

 Come i libri che alla fine

della guerra han rovesciato

le vicende del passato,

così pure i cellulari,

 tutti quanti, hanno mutato

(che vergogna!) il falso in vero,

sostenendo, per esempio,

che parecchi antifascisti

 (nei dettagli qui non entro)

“aderirono al Fascismo

per combatterlo da dentro”.

Questo è voltagabbanismo.

 In politica una stella

che risplenda più non c’è.

E’ una vera e propria iella:

l’italiano quello è.

 Cocco bello, fare il saggio

nulla o poco ti conviene:

se non hai forza e coraggio

non hai sangue nelle vene.

Aggiornato il 26 febbraio 2020 alle ore 12:25