Tra le genialoidi proposte di Nicola Zingaretti per rilanciare l’Italia – temo da una rupe se lo si lasciasse fare – vi sarebbe quella d’innalzare l’obbligo scolastico a diciotto anni di età.

La brillante trovata, scaturita chissà come dalla fervida mente politica del presidente della Regione Lazio, è ancora una volta la prova manifesta di come una certa sinistra abbia cercato in ogni modo di distruggere qualsiasi tipo di formazione culturale in questo nostro Paese, in maniera cosciente, scientifica e sistematica proprio a partire dall’istituzione scolastica.

Portare alla maggiore età l’obbligo scolastico significherebbe non soltanto creare un parcheggio “comodo” e gratuito per una considerevole parte di veri e propri “fancazzisti” – ammettiamo, lo siamo stati un po’ tutti al liceo, io di sicuro, pertanto parlo – che tanto, non trovando alternative al lavoro e dovendo comunque conseguire l’obbligo degli studi, infallibilmente finirebbe per restarvi imprigionata e sospesa per molti anni, depauperando così non soltanto il valore del diploma – che già adesso è poco più di carta igienica – ma soprattutto il tentativo da parte di quei pochi, validi insegnanti, che alla scuola come fonte primaria di cultura e istruzione civile, ancora ci credono. E ce ne sono, lo posso garantire.

Io invece, da retrò, antimoderno e reazionario quale sono, vedrei invece bene l’esatto contrario; vorrei che l’obbligo scolastico tornasse alla terza media, vorrei che le superiori e le università non fossero aperte a chiunque, vorrei che venissero invece potenziate le possibilità per coloro che non hanno l’attitudine allo studio ma, giustamente, vorrebbero entrare subito nel mondo del lavoro, con facilitazioni e sgravi fiscali presso gli artigiani, presso le botteghe, favorire l’assunzione ovunque, in fabbriche e aziende per tutti quelli che dopo la licenza media decidono di andare a lavorare. Favorire l’ingresso nelle Forze armate, con possibilità di proseguire gli studi al loro interno e di far carriera.

Vorrei vedere veri e propri “cacciatori di teste” da parte dello Stato che andassero in cerca dei migliori, da spingere e promuovere con agevolazioni e borse di studio, e di “tutor” che indirizzassero tutti gli altri verso un lavoro onesto e ben retribuito. Un sistema “corporativista” e “fascista” il mio? Non lo so se sia “fascista”, di certo una reintroduzione delle antiche Corporazioni, delle Gilde, com’era nell’aureo Medio Evo e nello splendore oscuro del Rinascimento la vedrei molto bene, purtroppo non abbiamo né le menti di allora e neppure gli attributi negli uomini politici di oggi per rinstaurare un simile sistema meritocratico.

Leonardo da Vinci entrò nella bottega del Verrocchio ancora ragazzino, e lo stesso fu per Giotto con Cimabue e per tanti altri, eppure guardiamo cosa sono diventati. Oggi vedo intorno a me soltanto nani – spesso deformi – che si credono giganti e sono soltanto leccapiedi e servi creati da una scuola assente e inesistente. Lasciate fare dunque a Zingaretti, se peggio non potrà essere potrà sempre piovere.

Aggiornato il 20 gennaio 2020 alle ore 12:24