Cittadini di un grande nulla

mercoledì 20 novembre 2019


E se invece di uno Ius Soli o di uno Ius Culturae, come vorrebbe Nicola Zingaretti per questo stralunato Paese che è il nostro, si adottasse un ben migliore Ius Sapientiae?

Certo, cosa ardua da farsi visto il livello non proprio eccelso dei nostri concittadini, ma invece di una abusata e adusata parola, peraltro contemporanea, dacché mai prima dell’evo attuale i filosofi, i pensatori, i poeti e gli scrittori, l’hanno utilizzata, qual è “cultura”, vocabolo ondivago, sfuggente e impreciso che vuol dire tutto e niente, sarebbe preferibile ricorrere al sostantivo “Conoscenza”, “Sapienza” nel senso in cui lo usa Dante attribuendo ad Ulisse nella sua cantica più amata che è l’Inferno ove egli dice: “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”, o nel senso in cui la usano Socrate, Platone, Aristotele, Lucrezio, Tommaso d’Aquino e giù per li rami e i secoli sino ancora a Baruch Spinoza, che infatti sostiene essere bene soltanto ciò che aumenta la conoscenza e male ciò che la sminuisce.

La Cultura infatti è un derivato della Conoscenza che, come dovrebbe ben sapere chi ha studiato un po’ di metafisica almeno sui banchi del liceo, è non l’apprendimento di qualcosa ma un cambiamento di stato del proprio essere, che conduce l’anima dell’uomo a uno stadio superiore. Nosce te ipsum, non Coli te ipsum era inciso sul frontone del tempio di Apollo a Delfi. Minerva o Atena se preferite, è Dea della Conoscenza non della Cultura che è uno stadio inferiore dell’uomo, spesso poi legato al nozionismo.

Conoscenza è quindi quella che si ottiene in un cammino iniziatico che segua la Gnosi – non lo gnosticismo che è altro – Marsilio Ficino ci chiama alla Conoscenza con Pitagora mentre la Bibbia ce ne mette in guardia con il versetto dell’Ecclesiaste: “Dov’è molta sapienza v’è molto affanno, e chi accresce la sua scienza accresce il suo dolore” (1:18). Ma la Sapienza è la Madre di Dio diranno gli evangelisti.

Cercare il Graal, l’Arca dell’alleanza, il Toson d’Oro degli Argonauti, è la ricerca della Conoscenza, mediante la quale l’uomo transumana se stesso e approda al Regno degli Déi e degli Eroi. Se nella Genesi l’albero proibito è quello della Conoscenza e non quello della Cultura è evidente il perché a chiunque non sia uno sciocco, così come nelle leggende irlandesi sono le nocciole sacre a portare la Sapienza agli uomini. Conoscere è “intuire” ovvero intus legere, è una folgorazione immediata che attraversa la coscienza e l’anima permettendo loro di comprendere in un solo istante la realtà, ogni realtà, così come avviene per gli angeli. Perché conoscere è ri-velare ovvero al tempo stesso togliere il velo e rimetterlo sul volto dell’Assoluto. La Conoscenza è Potere scriveva Francis Bacon, ma Arthur Rimbaud ci ha lasciato: “Solo l'Amore divino conferisce le chiavi della conoscenza”.

Conoscenza è gettare lo sguardo oltre una porta chiusa e vedere con nuovi occhi l’invisibile, è avere esperienza diretta del sovrarazionale, del magico, del mito, di ciò che gli altri chiamano Mistero. Tutti i grandi iniziati, tutti gli adepti, cercavano la Conoscenza e non la Cultura.

Quindi, aristocraticamente propongo di lasciare agli incolti lo Ius Soli, ai più modesti lo Ius Culturae che tanto piace ai finti intellettuali di ogni parte, e di tenerci stretto uno Ius Sapientiae che ancora più di uno Ius Sanguinis ci renderebbe degni d’essere uomini al pari dei grandi d’un tempo lontano.


di Dalmazio Frau