Cittadini di un grande nulla

E se invece di uno Ius Soli o di uno Ius Culturae, come vorrebbe Nicola Zingaretti per questo stralunato Paese che è il nostro, si adottasse un ben migliore Ius Sapientiae?

Certo, cosa ardua da farsi visto il livello non proprio eccelso dei nostri concittadini, ma invece di una abusata e adusata parola, peraltro contemporanea, dacché mai prima dell’evo attuale i filosofi, i pensatori, i poeti e gli scrittori, l’hanno utilizzata, qual è “cultura”, vocabolo ondivago, sfuggente e impreciso che vuol dire tutto e niente, sarebbe preferibile ricorrere al sostantivo “Conoscenza”, “Sapienza” nel senso in cui lo usa Dante attribuendo ad Ulisse nella sua cantica più amata che è l’Inferno ove egli dice: “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”, o nel senso in cui la usano Socrate, Platone, Aristotele, Lucrezio, Tommaso d’Aquino e giù per li rami e i secoli sino ancora a Baruch Spinoza, che infatti sostiene essere bene soltanto ciò che aumenta la conoscenza e male ciò che la sminuisce.

La Cultura infatti è un derivato della Conoscenza che, come dovrebbe ben sapere chi ha studiato un po’ di metafisica almeno sui banchi del liceo, è non l’apprendimento di qualcosa ma un cambiamento di stato del proprio essere, che conduce l’anima dell’uomo a uno stadio superiore. Nosce te ipsum, non Coli te ipsum era inciso sul frontone del tempio di Apollo a Delfi. Minerva o Atena se preferite, è Dea della Conoscenza non della Cultura che è uno stadio inferiore dell’uomo, spesso poi legato al nozionismo.

Conoscenza è quindi quella che si ottiene in un cammino iniziatico che segua la Gnosi – non lo gnosticismo che è altro – Marsilio Ficino ci chiama alla Conoscenza con Pitagora mentre la Bibbia ce ne mette in guardia con il versetto dell’Ecclesiaste: “Dov’è molta sapienza v’è molto affanno, e chi accresce la sua scienza accresce il suo dolore” (1:18). Ma la Sapienza è la Madre di Dio diranno gli evangelisti.

Cercare il Graal, l’Arca dell’alleanza, il Toson d’Oro degli Argonauti, è la ricerca della Conoscenza, mediante la quale l’uomo transumana se stesso e approda al Regno degli Déi e degli Eroi. Se nella Genesi l’albero proibito è quello della Conoscenza e non quello della Cultura è evidente il perché a chiunque non sia uno sciocco, così come nelle leggende irlandesi sono le nocciole sacre a portare la Sapienza agli uomini. Conoscere è “intuire” ovvero intus legere, è una folgorazione immediata che attraversa la coscienza e l’anima permettendo loro di comprendere in un solo istante la realtà, ogni realtà, così come avviene per gli angeli. Perché conoscere è ri-velare ovvero al tempo stesso togliere il velo e rimetterlo sul volto dell’Assoluto. La Conoscenza è Potere scriveva Francis Bacon, ma Arthur Rimbaud ci ha lasciato: “Solo l'Amore divino conferisce le chiavi della conoscenza”.

Conoscenza è gettare lo sguardo oltre una porta chiusa e vedere con nuovi occhi l’invisibile, è avere esperienza diretta del sovrarazionale, del magico, del mito, di ciò che gli altri chiamano Mistero. Tutti i grandi iniziati, tutti gli adepti, cercavano la Conoscenza e non la Cultura.

Quindi, aristocraticamente propongo di lasciare agli incolti lo Ius Soli, ai più modesti lo Ius Culturae che tanto piace ai finti intellettuali di ogni parte, e di tenerci stretto uno Ius Sapientiae che ancora più di uno Ius Sanguinis ci renderebbe degni d’essere uomini al pari dei grandi d’un tempo lontano.

Aggiornato il 20 novembre 2019 alle ore 11:16