E se l’arcobaleno precipitasse in terra? Magari, scaricando l’intera sua sostanza eterea sopra una tela bianca? Quale sarebbe il risultato? Ad esempio, quello delle pitture della finlandese Soile Yli-Mäyry, in mostra a Roma fino al 15 novembre alla Galleria “La Tartaruga” di via Sistina. Un tratto scultoreo, il suo, che manipola il colore come un giacimento di malte (Birth Horizon; Burning Shadow), utili a tenere assieme pietre e muri e a rassodare un discorso che si fa al contempo delicato e drammatico. Qualcosa, insomma, che è venuto giù, crollato per sempre e rimontato, a partire dalle sue rovine, con magico eclettismo, in un sistema disposto a mosaico lungo l’ordinata cartesiana.

I bordi dei dipinti lavorati con le tempere ricordano cammini di greggi ungulati inviluppati in percorsi circolari, al cui centro emana una luce intensa e profonda. Dighe di piccoli rami e dimora del castoro utili a trattenere il torrente di emozioni e di ricordi immanenti, incastonati come felci marmorizzate in un pliocene lontano, trascorso appena ieri. Gli elementi raffigurati assomigliano a segnapassi sontuosi, simili a marionette dei Pupari siciliani, che vibrano lungo la verticale sulla base di armoniche sconosciute, note solo a chi è nato e vissuto in un paese bianchissimo, dai silenzi impenetrabili e dagli animali gentili e timidissimi.

Questi cortei di contapassi surreali sono i frammenti tutti uguali a se stessi dell’Arcobaleno precipitato, come accade per gli ologrammi. Costruiti come marcasentieri dei passi di montagna, sasso sopra sasso di diversi colori, gli ominidi hanno un che di vitale che si sprigiona come fumo allucinogeno e cattura i fantasmi dei sogni diurni, iscrivendo simboli quasi magici durante il raffreddamento delle sue volute. Tratteggi di un mondo animato e inanimato. Solfeggi appena accennati silenziati dal sigillo di una busta rigorosamente chiusa, come un testamento da non aprire mai. Altre volte le luci di Finlandia (Burning Heart; Blooming Cement) diventano stelle rotanti brillantissime che insidiano ogni Altrove raggiungibile, utilizzando la loro spinta energetica per addensare strati omogenei di colore che disegnano areole, rovi di rose, alberi-uccello, epifenomeni che si propagano come onde concentriche chiuse e quadrate dalle quali emerge un ricordo figurato, ricorrente e malinconico. Altre volte accade come in un allineamento di pianeti che la divinazione abbia il suo baricentro in un triangolo nero della insipienza divina, che dà origine a una creazione dal basso verso l’alto, tenuta assieme da bozzoli di baco da seta, che disperde le sue filamenta in tutte le testimonianze presenti nella mostra.

In altri dipinti (Asphalt Bird; Asphalt Light; Captured Letter), la sostanza antropomorfa richiama prepotentemente creazioni in vetro pieno o trasparenti come quelle di Murano. Dove il segno sempre profondo, come una ferita cromatica a lembi aperti, antagonizza con gli elementi circostanti soffrendo l’impulso dinamico delle continue, infinite rotazioni del pennello e dei suoi legni che fanno della cosa osservata un oggetto sfuggente, che rifiuta la fissità e la perfezione tecnica della prospettiva rinascimentale per creare l’attesa angosciosa che qualcosa coaguli, suturando la ferita di quei colori fortemente accesi, irrequieti e volatili in cui si coglie l’incessante espandersi di una vita che sfugge. Il tutto proiettato con violenza da sfondi netti, con azzurri, blu-celesti e gialli intensi solari che imprigionano lo sguardo, lo ipnotizzano e lo immobilizzano mentre tutto attorno folgorano i colori dell’arcobaleno esploso.

È dalle reti del pescatore (Asphalt Dream) che si agita il pesce d’oro della creazione con figure a nastro sottili ed eleganti come statuette egizie, simili a gioielli di donna per polsi delicati e diafani che esaltano il mosaico degli smalti, contraffortato da una sorta di scultura africana primitiva e antropomorfa che nasce dal colore e lo rigenera in onde cerebrali di materia, mentre dal monte di Venere si genera un sole nascente con misteriose incisioni al suo interno. A volte (Footprint in the sand; Dream Sand; Burning Heart 1) dai rami intrecciati della diga del castoro emergono fenomeni sorprendenti, che appaiono montati su impalcature di tralicci per sostenere un Gulliver che osserva la creazione come un volatile sul ramo, mentre una folla di triangoli e cuspidi viene dispersa come in un gioco disordinato di bimbi. Dove c’è sempre un messaggio da veicolare e da trasportare verso un Altrove indefinito.

Aggiornato il 14 novembre 2019 alle ore 10:18