Salvate il Caffè Greco

Non si chiuda il Caffè Greco!

Un luogo dell’anima, il Caffè Greco di via Condotti in Roma, a pochi passi dalla byroniana piazza di Spagna, sta per essere chiuso e questo triste evento sarebbe un delitto verso la Cultura oltre che contro ogni civiltà. Duecentosessant’anni d’ininterrotte aperture, dalla metà del Settecento circa, il Caffè è stato il luogo d’incontro degli intellettuali, un tempo dei goliardi e degli stranieri in visita alla città per il Grand Tour, di tanti artisti e persino di molti politici. È la galleria d’arte privata, ma aperta al pubblico, più grande del mondo con le sue trecento e più opere esposte, pertanto la sua attività è tutelata dai Beni Culturali ma attualmente è sorto un contenzioso con l’Ospedale Israelitico che ne detiene la proprietà.

È dunque eticamente ma anche esteticamente inaccettabile veder scomparire da Roma e dal Mondo, una simile realtà, unica più che rara e certamente irripetibile, che non può e non deve essere trasferita altrove. Quelle pietre hanno visto passare alcune fra le migliori menti della cultura e della civiltà europea, le sue sale hanno dato ospitalità a pittori e compositori e alle loro opere, contribuendo a uno scambio reciproco d’immortalità. I suoi tavoli hanno superato invasioni e guerre, rivoluzioni e accadimenti storici, eppure sono ancora lì a darne imperitura testimonianza. Vi sedettero Antonio Canova e Giacomo Casanova, Giorgio De Chirico e Jean-Baptiste Camille Corot, Gabriele D’Annunzio e James Joyce… e l’elenco potrebbe essere molto più esteso di questi primi che, in ordine sparso e caotico, ho voluto ricordare… E fu proprio il libertino, avventuriero e alchimista Giacomo Casanova a dirci per primo di quel «Caffè di strada Condotta» dove egli, insieme all’abate Gama, mise piede nell’ottobre del 1743, trovandosi con molti suoi simili per idee e pensieri in odore d’eresia.

Ma oltre ad aver servito certamente i romantici Percy B. Shelley e John Keats, e molti anni dopo di loro persino il sottoscritto, lo storico locale è soprattutto per me, il ricordo fantastico di quel piccolo capolavoro del gotico nostrano che è Il Segno del Comando di Giuseppe D’Agata, lo sceneggiato televisivo che ebbe uno straordinario successo nei primissimi anni Settanta, in un suggestivo bianco e nero. È infatti proprio nelle sale del Caffè Greco che il protagonista dell’avventura spettrale e magica legata al misterioso tesoro di Lord Byron, scopre sé stesso effigiato in un ritratto che è quello del misterioso pittore Marco Tagliaferri, morto un secolo prima.  

E quindi, in ricordo d’una Roma eterna dove si susseguono incessanti, innumerevoli e fantastiche storie, di notte e di giorno, fantasmi e viventi, che viva ancora il Caffè Greco di via “dei Condotti”, laddove secoli fa, prima che esso aprisse ai lumi settecenteschi, Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, s’aggirava spada al fianco in cerca della sua Maddalena dai capelli scuri come la notte.

Aggiornato il 21 ottobre 2019 alle ore 12:55