Vittore Carpaccio, il Vate e la libertà

lunedì 16 settembre 2019


La polemica era già sorta e ne avevo già criticato su queste pagine i tratti non proprio altissimi, mi riferisco alla questione sulla statua che omaggia Gabriele D’Annunzio a Trieste.

Se il governo croato dimostra con questa sua inutile, mediocre, risibile invettiva, tutta la propria pochezza ma anche la vastità dell’ignoranza che lo domina, va altresì detto che nulla si è udito provenire in difesa di uno dei nostri poeti e scrittori da parte dell’attuale Governo italiano. Il silenzio non è sempre aureo, e questa volta dimostra, se mai ce ne fosse ancora bisogno, il livello infimo della cultura e dell’istruzione, ma soprattutto la partigianeria di molti tra coloro che siedono in Montecitorio. Sarebbero degne di risa sarcastiche le solite, vetuste e rancorose, attribuzioni di “fascismo” o di “protofascismo” al Vate, forse costoro che ancora le propalano dovrebbero tornare sui libri, magari anche cominciando a imparare a leggere una buona volta e smetterla di ripetere meccanicamente la lezioncina che la vulgata sinistra ha loro insegnato. Unica voce fuori dal coro quella di Giampiero Mughini su Dagospia che, nuovamente, dimostra d’esser uomo libero e di altrettanto libero pensiero.

Dall’altra parte, però, non è che stiamo sempre messi bene; i deliri mistagogici sul povero poeta soldato d’Abruzzo si sprecano ed è meglio tacerli perché di alcuni che ho letto ci sarebbe soltanto da vergognarsi. Ma questo mondo tristo e intristente è ormai così, si levano gli scudi contro la statua di un poeta soltanto perché l’indottrinamento politico vuole questo, dimentichi, ambo le parti ben inteso, che quella zona oggi della Croazia, per quasi un millennio è stata sotto il dominio dei Dogi della Serenissima Repubblica di Venezia; da quelle terre, infatti, nel Medioevo e nel Rinascimento, giungevano i mercenari dalmati, gli Slavoni, ben fieri di servire sotto la bandiera del Leone di San Marco. Quelle terre sono a tutt’oggi ricche di chiese romaniche e gotiche, vantano opere d’arte che risalgono all’età romana e poi sino alla Rinascenza, volute dalla borghesia mercantile e dalla nobiltà veneziana, e creati da artisti che parlavano la lingua veneta… e tutto questo cinque secoli prima che avvenisse l’Impresa di Fiume.

Pertanto, se il governo croato dimostra di aver timore dell’effige d’uno scrittore, forse dovrebbe averne ancor di più dei mosaici bizantini, dovrebbe temere più che il ricordo di D’Annunzio, quello imperituro di Vittore Carpaccio o di Francesco Laurana che nessuna foiba potrà mai contenere.


di Dalmazio Frau