Non c’è più arte

lunedì 2 settembre 2019


Una provocazione voluta, questa mia, e voglio vedere chi la raccoglie. Non lamentatevi se poi da sinistra qualcuno dà dell’ignorante alla parte avversa. Non è vero e lo sappiamo, ma è anche altrettanto vero che esiste un eccesso di autosopravvalutazione di molti sedicenti e presunti intellettuali di area. Troppi che scrivono senza conoscere la grammatica italiana, con scarse letture, mediocri nell’esposizione, noiosamente verbosi e morbosamente autoreferenziali.

Per esempio, resto nel mio specifico settore nel quale mi trovo benissimo, evitando così le meschine figure dei tuttologi, sono anni che noto e dico come – mera constatazione dell’evidenza, inutile sentirsi offesi – in qualsiasi evento culturale della destra, o del centrodestra, nessuno si sia mai interessato di lasciare uno spazio di dibatti, di discussione o comunque di pensiero e di parola, all’arte. Nulla. Zero. Al più qualcuno ha chiamato i soliti noti che ormai non hanno più nulla da dire, che servono da richiamo per il nome e nulla più di una passerella autopromozionale per il loro nuovo libro composto (non scritto) per il mercato e basta. Tutto, poi, resta come prima. Alla destra l’arte, la bellezza, l’estetica non interessano, pur potendo vantare bei nomi, eccellenti penne ed egregi pensatori nel campo, a cominciare da uno Stefano Zecchi. No, sentiamo soltanto Tomaso Montanari ed epigoni alzare la voce dal loro canto. Noi no. Tutti troppo intenti a occuparsi d’altro, interessantissimo senza dubbio, ma privo di quello spirito che è infuso in oltre tremila anni di storia e di arte.

Così, anche in ottime occasioni d’incontro sull’editoria, sulla filosofia, sulla politica, l’arte resta sempre la grande assente. Paura? Ignoranza o piuttosto il più triste e inaccettabile disinteresse.

Temo sia quest’ultimo infatti a darci la cifra esatta.

L’arte non interessa al pensiero comune, neppure a quello definito adesso “sovranista” o “identitario” o “liberale”, che finisce così per lasciarla in mano (come di fatto è dall’ultimo dopoguerra) alle posizioni progressiste che, infatti proprio grazie a questa assenza, hanno avuto bell’agio e facile mano nell’impadronirsi di questo potente (ed economicamente rilevante) spazio culturale, gestirlo per decenni e fare strame del più grande, ricco e importante patrimonio artistico del mondo: quello italiano.

Continuate pure così dunque, nell’ignavia e nella voluta ignoranza, tutt’al più con sterili – e spesso ridicoli, lasciatemelo dire – proclami che lasciano del tutto immutata la fine delle cose.


di Dalmazio Frau