Venezia 76, Dopo la polemica su Polanski si celebra Almodovar

Venezia 76 celebra Pedro Almodovar. Il regista spagnolo riceve il Leone d’oro alla carriera. L’occasione è ideale per proiettare il film che lo ha reso celebre: Donne sull’orlo di una crisi di nervi, lanciato, trentuno anni fa proprio alla Mostra del cinema. Il cineasta ritiene che il premio vada a “quel film: un atto di giustizia anche politica”. Una sorta di risarcimento. Almodovar ricorda che “il presidente della giuria del 1988, Sergio Leone, aveva detto che il mio film meritava di vincere, ma i tempi non erano maturi per un premio a un film così alternativo”.

Nel suo personale amarcord, il sublime regista iberico dimentica di sottolineare il vincitore di quella edizione, commettendo una grave omissione. Nel 1988, il trionfatore di Venezia 45 è La leggenda del santo bevitore, il capolavoro di Ermanno Olmi, tratto dal racconto omonimo di Joseph Roth e interpretato da un ispirato Rutger Hauer. Già. La rivendicazione inelegante di Almodovar arriva appena un mese e mezzo dopo la scomparsa del grande attore olandese e un anno dopo la morte di Olmi, riconosciuto maestro del cinema d’autore internazionale.

Gaffe a parte, Almodovar ricorda gli esordi in una Madrid “appena uscita da quarant’anni di una dittatura tremenda. Ho voluto raccontare il cambiamento, la vita, la libertà, anche sessuale, e le interminabili notti madrilene rappresentate da tanti orientamenti sessuali diversi”. Il regista non sa “se oggi la Spagna sia diversa. Di certo, ora anche in Spagna c’è un partito di estrema destra come negli altri Paesi. Ma non so se definire questo ‘moderno’ sia giusto”.

Almodovar parla anche della scelta dei colori che anima i suoi film. “È stata – sostiene – una reazione all’essere cresciuto in una regione molto austera: nella Mancha, dove sono nato, tutte le donne erano vestite di nero perché c’era sempre un lutto da celebrare. Non ho mai visto il colore rosso in tutta la mia infanzia. Ma ho anche voluto celebrare i film in technicolor di quando ero giovane, con quei colori sgargianti che mi mancano nel cinema di oggi”.

Ieri, la Mostra del cinema è stata teatro di una dura polemica. La regista argentina Lucrecia Martel, presidente di giuria, si è scagliata contro Roman Polanski, presente in concorso con il film J’accuse, sul caso Dreyfus: “Non voglio alzarmi in piedi e applaudirlo”. Parole di fuoco che hanno messo in grave imbarazzo il direttore della kermesse sul Lido Alberto Barbera. Oggi la cineasta ha dovuto correggere il tiro, tornando sui suoi passi. E, attraverso una nota, ha ammorbidito i toni. “Ritengo – afferma la Martel – che le mie parole siano state profondamente fraintese. Poiché non separo l’opera dal suo autore e ho riconosciuto molta umanità nelle precedenti opere di Polanski, non sono in alcun modo contraria alla presenza del suo film in concorso. Non ho alcun pregiudizio nei confronti del film e, naturalmente, lo guarderò allo stesso modo di tutti gli altri film del concorso. Se avessi dei pregiudizi, mi dimetterei dal mio incarico di presidente della giuria”.

Aggiornato il 29 agosto 2019 alle ore 16:43