Il più grande spettacolo del mondo

La scuola è il più grande spettacolo del mondo, anzi: è il più bello. Perché non c’è nulla di più bello della vita. E la scuola è vita, è amore, è libertà, è responsabilità ed è conoscenza. Chi ama la ricerca, la lettura, la poesia, l’arte, la conoscenza e il dialogo con gli altri, allora ama la vita e la vive pienamente. Con senso civico e civile, con senso di responsabilità, “con la religione della libertà”.

Leggo da qualche parte che si va suggerendo un modello autoritario di scuola, un ritorno all’autoritarismo, come se si trattasse di dare alla scuola le sembianze di una caserma o di un carcere. Trasecolo. Non ci voglio credere. Faccio leva sull’autorevolezza e critico l’autoritarismo.

Come? Semplice: quando entro in aula e vedo gli studenti, guardo i loro volti, i loro sguardi, i gesti, ascolto le loro parole, i silenzi, i colpi di tosse. Cerco di osservarli come se guardassi con lo sguardo di un ragazzo della loro età, cerco di vederli con i loro stessi occhi e di capire chi ho davanti, chi sono davvero questi studenti di oggi, quali sono le loro attitudini e non mi faccio confondere dai miei pregiudizi o dalla mia lente adulta e deformante. Anzi, metto la mia esperienza e la mia cultura a loro disposizione affinché possano imparare a conoscere se stessi e a migliorare, a correggere i loro errori e a comprenderli, con spirito critico e consapevolezza. Inoltre, per quello che mi è possibile, tento di cogliere il talento di ciascuno, i sogni che si portano dentro e penso a come posso fare per stimolarli allo studio, ad appassionarsi alla scrittura, alla lettura, alla storia, alla lezione in classe favorendo la partecipazione attiva alla vita scolastica. Cerco di far crescere in loro la voglia di capire e di conoscere, di sapersi autovalutare e correggersi, di non essere superbi, ma di nutrire l’autostima.

Spesso guardiamo gli altri soltanto con i nostri occhi e non con lo sguardo dell’altro. In genere, si tende a leggere, a interpretare e a giudicare gli altri come se l’altro fosse come noi o come se dovesse essere come noi. Come se dovesse diventare come noi o come se l’altro avesse la nostra identica sensibilità o cultura o mentalità. Invece, dovremmo imparare a guardare agli altri per come sono davvero, per quello che l’altro ha dentro di sé, per la sua diversità e unicità. Questa è una visione liberale che non si chiude in se stessa, in modo autoreferenziale, ma si apre all’altro, alla società, al mondo.

Ascoltare e dialogare con gli studenti è davvero bellissimo se davvero riusciamo a capire e a comprendere la diversità e l’unicità di ciascun ragazzo che noi docenti abbiamo di fronte.

Lo so, agli alunni appare noioso un professore quando raccomanda la pratica diretta delle regole della convivenza civile, a cominciare dalla partecipazione degli allievi alla gestione stessa delle attività scolastiche, a cominciare dalla cura dell’aula e delle attrezzature. Per disobbedire a una regola, bisogna prima conoscerla e dimostrare di saperla rispettare, altrimenti non è dissenso, ma limite umano. Non è anticonformismo, ma inadeguatezza. La regola è il presupposto dell’educazione. Etimologicamente, il termine educazione deriva dal verbo latino educĕre (cioè, trarre fuori, “tirar fuori” o “tirar fuori ciò che sta dentro”), derivante dall’unione di ē- (“da, fuori da”) e dūcĕre (“condurre”). Secondo altri, deriva dal verbo latino educare, che significa “allevare”. Ma voi non siete animali. Giusto? Anzi, tutti noi siamo “animali sociali”, dicevano gli antichi Greci, cioè: “animali socievoli”.

Nella vita si impara, con il tempo, che non si può mai pensare di avere tutto sotto il proprio controllo perché si compie un grave atto di superbia e, nel migliore dei casi, si vive un’illusione o ci inganniamo e basta. Nella vita, così, si impara che la volontà è importantissima, ma navighiamo in un mare di incertezze e la volontà è, per questa ragione, di gran lunga sopravvalutata. Non basta la volontà per studiare con profitto, è necessario che leggere e studiare diventino un piacere. E così si impara, presto o tardi, che le cose sono spesso da tutt’altra parte rispetto a dove pensavamo che fossero e, addirittura, le scopriamo dalla parte opposta rispetto a dove le andavamo cercando oppure le troviamo in un luogo e in un tempo dove mai e poi mai avremmo pensato che fossero. Si impara nella vita che… (ciascuno completi la frase come vuole).

L’autostima è una bilancia interiore che regola tutti i valori di una persona, che sorregge l’umiltà dei forti e l’amore per il prossimo, che ravviva l’interesse, il dubbio e la curiosità. L’autostima è la fiducia in se stessi e negli altri. E senza fiducia non c’è tessuto sociale che tenga. Ho fiducia in voi. Ho fiducia che i lettori capiranno la mia idiosincrasia per ogni forma di autoritarismo, spero che prevalga quel senso di autorevolezza che i miei studenti e i loro genitori mi riconoscono (bontà loro!) ogni giorno. Spero che voi studenti sappiate appassionarvi alla vita, alla scuola, allo studio della Storia e che arriviate ad amare la Letteratura. Però, va coltivata la libertà, cioè la responsabilità. E va salvaguardata l’autostima di ciascun ragazzo. L’autostima non è superbia e, anzi, induce a mettersi in discussione, migliorare, correggersi. Mi rivolgo a voi, al vostro buon senso. Siate (siete!) responsabili. Siate liberi cittadini del futuro, consapevoli, degni e disposti ad ascoltare gli altri.

Aggiornato il 29 luglio 2019 alle ore 12:00