Camilleri e la ridicola beatificazione a reti unificate

Quando trovarono morto il grande e povero Pier Paolo Pasolini dissero che se l’era cercata. E anche di molto ma molto peggio. Con tanto di scritte sui muri di mezza Roma. Quando è morto Alberto Moravia non dissero molto se non i pistolotti delle pagine letterarie. Ma ora che è morto Andrea Camilleri, scrittore di enorme successo ma dal talento letterario non all’altezza dei due esempi precedenti, giornali e televisioni per un giorno hanno pressoché cancellato ogni altro argomento dalle prime pagine, nell’etere e sulla carta. Un delirio para idolatrico che fa pensare.

Camilleri sicuramente è stato un raffinato scrittore e un ricercatore linguistico di grande talento. Ma forse – per citare il primo che sovviene alla mente – uno come Carlo Emilio Gadda avrebbe a suo tempo e anche oggi meritato qualche considerazione in più di un giallista peraltro non all’altezza nemmeno di un Georges Simenon o di un Conan Doyle. C’è quindi da chiedersi se questa idolatria a reti e social unificati non nasconda il solito messaggio subliminale politico. Ad esempio l’evocazione del “grande letterato”, vero o presunto che sia, in chiave anti-Salvini, per odioso che possa talvolta risultare quest’ultimo. È la solita slealtà ideologica di parte della sinistra e dei benpensanti relativi. Usare le persone al di là della loro stessa volontà e farlo sia in vita sia in morte. Tutto rimane utile alla bisogna. Non si butta via niente, come nella mattanza dei suini. È il loro concetto di onestà intellettuale. Ciò che serve a sopraffare il nemico ora che la rivoluzione è andata da tempo in cantina.

Così ecco pronto un “Camilleri percepito” – anzi “da far percepire” – che deve essere imposto, a tutti i costi a quanto pare, all’opinione pubblica al posto di quello reale. Un profeta dell’accoglienza degli immigrati, un antagonista contro l’attuale politica governativa che – per carità – fa schifo per conto suo senza che nessuno ce lo ricordi tutti i giorni e via dicendo.

Un caro amico giornalista mi ha fatto notare che “il primo Camilleri e anche i primi libri su Montalbano erano godibili e interessanti”. Poi però, dopo il successo televisivo del commissario Montalbano interpretato da Luca Zingaretti, il “maestro” si è messo a fare il sociologo, anzi il tuttologo. Magari per carenza di ispirazione letteraria vera e propria. E l’amico giornalista dice di aver smesso di leggerlo “per pura noia”. Eh sì, tra i possibili sentimenti che scrittori come Camilleri inducono nel lettore, che non si faccia travolgere da questo fiume di retorica buonista, c’è semplicemente la noia. Per personaggi letterari e televisivi che continuano da anni a impersonare un immaginario mediocre. Quello dell’italiano medio massacrato dalla “banalità del bene”.

I buoni sentimenti ridotti a bandiera politica provocano in effetti la nausea oltre che la noia.

Aggiornato il 19 luglio 2019 alle ore 12:10