E chi ti incontro al Monumentale di Milano?

“Ma se vai a Milano, allora fai un salto al Monumentale”. Svicolare dal discorso ed imboccare rapidamente la via dei saluti è un attimo per la vostra cronista, sufficientemente meridionale e seguace del “non è vero ma ci credo”. Monumentale, cimitero, camposanto. Ebbene sì, è stato un attimo. Meglio, molto meglio buttarsi nel quadrilatero della moda, infilarsi nel triangolo delle Bermuda, pardon della lingerie, vedere prosciugarsi il portafoglio. Ma vuoi mettere la soddisfazione di allenare i bicipiti con le buste della spesa chic! Ma inutile divagare. Si diceva del Monumentale e allora, treno, poltrona, silenzio artificiale da cuffiette, Firenze ormai alle spalle e wikiqualcosa davanti agli occhi.

Sono risaputamente curiosa. Sarà difficile da credere ma è la verità, qualcuno aveva dimenticato sulla poltrona in treno un cornetto con diamantini finti, una cosa certamente fra il kitsch ed il trash, ma visto che nulla avviene per caso, vuoi mettere i segni del destino e l’esoterismo per una che ha avuto il piacere di scambiare chiacchiere illuminate con Stefano Bisi e Luigi Pruneti?

Il Cimitero Monumentale di Milano è il grande cimitero cittadino che si estende nei pressi del centro del capoluogo lombardo. L’edificazione del Monumentale fu lunga e travagliata: ebbe inizio nel 1837, su sollecitazione dell’amministrazione austriaca del Regno Lombardo-Veneto, in sostituzione dei diversi preesistenti cimiteri cittadini destinati alla chiusura e alla dismissione. Per l’altissimo valore artistico delle sculture, tombe, edicole funerarie e delle altre opere presenti al suo interno, il Monumentale di Milano è considerato un museo a cielo aperto.

Giornata splendida con un sole di febbraio caldo ed avvolgente. Ragazze giovanissime, carine ed eleganti, diversi stranieri ed una miscellanea di lingue incomprensibili. I viali puliti, un pezzo di carta, una lattina o una bottiglietta per terra neanche a parlarne. I quattro zampe accolti all’ingresso da un cartello di benvenuto. Vabbè, guinzaglio e museruola, ma è davvero il minimo per quello che è anche un gran bel segno di civiltà.

Uno slalom lento tra i monumenti sepolcrali delle più note famiglie della grande borghesia industriale milanese, i Falck, i Campari, i Bracco. Poi Ferdinando Bocconi, il fondatore della famosa università che volle dedicare al figlio deceduto. E il senatore Borletti, e poi la famiglia Treccani. Sì, proprio la famiglia del fondatore dell’Enciclopedia italiana. E poi il Famedio, la costruzione destinata alle sepolture dei personaggi celebri o alla memoria dei personaggi illustri. Il timore reverenziale che il luogo incute lascia spazio alla curiosità e al doveroso rispetto che, infine, si unisce alla curiosità stessa nel leggere quei cognomi che hanno scritto un pezzo importante della storia milanese e non solo. Leo Valiani, Carlo Forlanini, Salvatore Quasimodo.

Giorgio Gaber ed Enzo Iannacci: eh già, “Si potrebbe andare tutti quanti allo zoo comunale, vengo anch’io?”. Sì Giorgio, porta barbera e champagne così stasera brindiamo. E magari invitiamo i nostri vicini e amici Franca e Dario. Ci facciamo due chiacchiere e quattro risate. Dario è irresistibile quando si scatena col grammelot. Si è proprio di una bravura infinita. Ma ci pensi, Nobel per la letteratura! Chi l’avrebbe mai immaginato, un vero Mistero. Buffo, non trovi?

Su Enzo, scendi anche tu dalla colonna e raggiungici, e magari porta il tuo pappagallo, quel simpaticone di Portobello. Una sola cosa ti chiediamo: non parlarci ancora della tua vicenda perché è impressa nella nostra memoria come una delle pagine più brutte della storia del nostro Paese. E dire che di pagine brutte in Italia ne sono state scritte sin troppe. Ma quella immagine di te ammanettato e smarrito è devastante.

Senti Giorgio, ma se provassimo per una volta ad invitare quel signore elegante del piano di sopra, come si chiama, quel tal Sandro autor di un romanzetto ove si parla di Promessi Sposi?

Non scherzare Enzo, e se poi mi interroga? Qualcosa su Renzo e Lucia la tiro fuori, su Don Abbondio mi arrangio, ma se mi chiede di recitare a memoria il Cinque Maggio che mi invento? Non ho studiato, me ne sono andato in giro con la mia torpedo blu.

Sì, dai. E poi il Manzoni è un Padre della Patria, noi in fondo chi siamo?

Già chi siete? Siete il ricordo delle vostre opere, delle canzoni che hanno accompagnato momenti spensierati di una Italia che non c’è più. Un semplice ricordo forse, ma alla vista delle vostre lapidi gli occhi della cronista si bagnano.

Ciao Giorgio, ciao Enzo, ciao Franca, ciao Dario, giullare di Dio.

 

  • Oh scusè! Oh l’è questo ol simiteri, campusanto, duè che vai a fà ol süscitamento d’ul Lassaro?
  • Sì, l’è quest.
  • Ah bon.
  • On mument, des palanche par entrar.
  • Des palanche?
  • Fasemo do.
  • Doi palanche?! Boja, e parché?
  • Parché mi a sont ol guardian d’ol simiteri e vialtri a vegnit dentar a impiascicam tütu, a rüinam i sciesi e a schisciarme l’erba, e mi ho da ves cumpensat de tüti i fastidi e i scruseri che me impiantì. Doi palanche o no ‘s vede ol

(Tratto da La folla dinanzi al miracolo di Lazzaro, Mistero buffo di Dario Fo)

@vanessaseffer

Aggiornato il 27 giugno 2019 alle ore 12:21