Isabel Filonardi: la finanza, il bello e l’arte

Che arte e finanza si siano spesso ritrovate assieme non può stupire, grandi finanzieri e banchieri come i Rotschild, i Guggenheim o da noi Raffaele Mattioli, erano ben noti come intelletuali, amanti del bello e raffinati conoscitori d’arte, tutto il rinascimento (per non parlare dell’America contemporanea o della Grecia e della Roma della classicità dove il personaggio si affermò) è marcato poi dalla figura del mecenate protettore e conoscitore delle arti. Quello che è molto più raro è che qualcuno, che si occupi professionalmente di finanza, sia egli stesso autore d’arte, un arte creata con le sue mani, seguendo il suo pensiero e le sue mille differenti pulsioni.

È questo il caso di Isabel Filonardi, professionista in carriera nel suggerimento di investimenti finanziari e contemporaneamente artista che si è ormai definitivamente affacciata nel vasto mondo della rappresentazione pittorica. Non c’è da stupirsene, perché le categorie ordinatrici della nostra mente sono sempre le stesse (si pensi solo alle ricorrenze della matematica e della musica) così come lo spirito, l’intelligenza e la fantasia, che possono suggerire una brillante operazione finanziaria, possono anche afferrare un’atmosfera, un’espressione o un’impressione e trasferirla in un quadro, se se ne ha la voglia e la versatilità. Isabel poi è italiana da parte di padre e tedesca da parte di madre e ha quella sensibilità che spesso hanno i figli di due culture, specie poi se si tratta di quella germanica e di quella latina. Ma come sono finito ad incappare nella Filonardi ? La scoperta è stata recente, arrivato ad Estarte 31, mentre stavo notando la simpatica atmosfera di questa mostra che in parte usciva dalle sale dedicate per estendersi nel viottolo con una con un’allegra sensazione di sagra paesana, mi sono fermato davanti a due quadri che hanno rubato la mia attenzione.

Il primo, una donna nuda e molto sexy, di fianco, dipinta a strisce multicolori, che una notevole finezza di tratto svelava essere una ragazza negra e il secondo (scintilla) una sorta di fiamma dalle volute sinuose. Mentre commentavo favorevolmente con un amico le opere, una bella donna si è avvicinata per spiegare che le strisce multicolori del corpo stavano a significare il melting pot razziale che ognuno di noi porta in sé e, mentre parlava con sguardo dritto, spigliata e allegra, sembrava un executive di alto rango, ma era invece l’autrice. Finita la spiegazione, ci ha provocato chiedendoci cosa vedevamo nell’altro quadro, “scintilla”, entrambi abbiamo risposto semplicemente una fiamma, ma lei ci ha mostrato come le forme morbide di quella fiamma rappresentassero in realtà un corpo femminile che si faceva fiamma. Convincente. Incuriosito dalla personalità molto incisiva della protagonista, sono andato a guardare altre sue opere precedenti e ho scoperto, con grande interesse, che sono capaci di suscitare emozioni reali, comprensibili e dunque trasmissibili.

La Filonardi, fatto raro nel panorama un po’ desolato di tanta pittura moderna, corrisponde pienamente alla più bella, convincente e sintetica definizione di arte, dovuta a Benedetto Croce, quella di arte come espressione compiuta di un sentimento, laddove espressione compiuta, non vuole solo significare una necessaria tecnica espressiva, una logica interna, ma soprattutto la sua trasmissibilità e dunque la sua comprensibilità. E Isabel ci riesce, ti porta dove ti vuole portare, grazie ad una tecnica sicura e ad un tratto elegante, ti trasferisce le sue sensazioni, riflessioni, esitazioni e attrazioni, come ad esempio nella “ titubanza di un narciso”, dove il corpo maschile, molto ben delineato e ripreso di spalle di fronte all’acqua, esprime nella postura l’esitazione tra continuare a contemplarsi in quell’acqua oppure entrarci, tra fermarsi nella fatuità della vanità o gettarsi nella vita (Die qual der wahl , il dolore della scelta, credo direbbe la sua parte tedesca).

In apparenza simile, ma non uguale, è “Egopatia”, non a caso definita come malattia, malattia dell’egoismo solitario, dove l’uomo di spalle è invece seduto, statico, ripiegato su se stesso, con il particolare intrigante di una mano stranamente nascosta dietro il corpo e artigliata in maniera scomposta, segno segreto di un grosso disturbo esistenziale. In “Abbandono” è l’anima femminile ad emergere prepotentemente, una giovane seduta con fare morbido e languido e le gambe aperte, che si abbraccia un ginocchio con il capo reclinato. In riposo, in abbandono, ma anche in attesa, dell’amore credo. Stupefacente è “Vita” del 2018, nelle profondità di un mare verde acquamarina e vagamente torbido, come una sorta di brodo primordiale, dal fondo crescono tanti steli che vanno a terminare in esili corpi umani in formazione. Non ho mai visto ricordare con tanta poesia che veniamo dal mare.

Insomma, Isabel Filonardi colpisce, colpisce per la personalità logica e lineare, ma scapigliata, originale, divertente e insieme divertita, personalità che riesce a trasferire nelle sue opere, con humor e capacità di introspezione, con le sue sensazioni e i suoi sentimenti, col suo guardare se stessa, le sue figlie e il mondo con occhi ironici ma solidali e, cosa fondamentale, arriva poi davvero a farcene partecipi. Credo che sentiremo parlare molto di lei.

Aggiornato il 27 giugno 2019 alle ore 12:33