Quando la parte in cui stare è il lato fresco del cuscino

Vittorio? Un gran simpatico. L’ho incrociato l’ultima volta il 5 giugno del 2018 in occasione della presentazione del suo libro “Il lato fresco del cuscino” di cui ho un ricordo ancora molto vivo. Allora si presentò sulla bellissima terrazza del Red Feltrinelli di Roma assistito da una spalla formidabile come Aldo Cazzullo. In pratica, uno sketch ininterrotto, come può esserlo una brillante partita intellettuale a due.

In quell’occasione Cazzullo ci raccontava come il giornalismo fosse “un mestiere che si ruba” e lui lo aveva rubato proprio a Zucconi. Acuto americanista, Vittorio parla nel suo libro (v. mia recensione su L’Opinione del 10 luglio 2018) di serial killer come una storia prettamente americana e degli oggetti materiali che costellano tutto il suo vissuto personale; il transistor o la radio a valvola per i molto meno giovani; la “Bianchina” Fiat, e così via. Nei racconti della sua vita risaltano gli incontri con un Ronkey asciutto e rigoroso e con Arrigo Levi, emiliano aperto. Zucconi ne equiparava le relative personalità “a due boccette sul comodino: Ronkey lassativo; Levi astringente”. E, a proposito dei Clinton, giudicava “Hillary molto migliore di Bill. But I feel your pain Clinton. Perché dopo aver smesso quel suo sorriso da comizio, Hillary esternava in privato la sua sensibilità autentica”. Cazzullo aveva apprezzato il meraviglioso capitolo sul Giappone e aggiungeva: “Anche il calcio è protagonista. Ci sono i figli la moglie (che ha fatto una vita da globe trotter); i suoi cani e soprattutto suo padre, Guglielmo. Il primo capitolo è dedicato alla Lettera 22 quando lavorava a Milano scrivendo nottetempo copioni per teatro e televisione”.

“Poi, d’estate caricava tutta la famiglia su di una macchina chiusa per andare in Romagna a fare le vacanze, avendo affittato una casa scomodissima collocata sopra un forno e dal suo interno si sentiva il profumo di pane la notte. L’esperienza della Spagna e delle case chiuse. Il piacere di sedersi a tavola e quasi restarci fulminato per una libagione abbondante”. Zucconi ricambiava la stima e l’affetto del collega, ricordando come Cazzullo “non attacca l’asino dove vuole il padrone e si chiama fuori da quella spinta prostitutiva che contraddistingue la gente all’interno dei palazzi romani”. Nella storia del Zucconi giornalista ci sono gli esordi della Stampa di Torino e della Rai di Milano: sebbene la seconda scelta gli garantisse più soldi lui preferì la prima.

E poi: “Le cose non tradiscono al contrario delle persone. I ricordi si legano a cose precise: quello di mio nonno a giganteschi gelati; la mia gioventù al Sony che portavo allo stadio e che mi faceva sentire un dio in terra perché avevo l’informazione calcistica minuto per minuto […] Il libro è anche un tributo a mio padre, dato che non abbiamo mai fatto nulla assieme. Lui si è presa l’Italia e io il mondo […] Ricordo che la sera dell’8 novembre 2016 guardavo la tv per le elezioni americane quando venne proclamata la vittoria di Trump: una figura grottesca (al contrario del nostro Presidente Conte che invece ha l’aplomb)! Un uomo di 1.92 con una specie di persiano in testa, sposato con una statua di marmo e che vince prendendo tre milioni di voti in meno! Ma poiché noi abbiamo scelto di vivere in America io mi debbo adeguare a questo paradigma. Ho sbagliato tutto e non ho capito niente”.

“In fondo, per lo spavento i cavalli corrono, i cani abbaiano di paura e lo scrittore... scrive! Quindi, io volevo fare un libro ma non sapevo su che cosa. Così ho iniziato a scrivere furiosamente utilizzando come lettore privilegiato mia moglie che mi leggeva capitolo per capitolo. Quindi, in pratica, il tutto è scritto a quattro mani con Alisa. [...] Un anno dopo mi ritrovo in Italia con la stessa situazione: i voti hanno conseguenze. Brucia l’edificio e io mi butto!”.

Concludo con l’annotazione di Cazzullo a proposito del capitolo Giappone in cui si parla di una padrona di casa, amica della famiglia imperiale giapponese, una persona molto pudica e curata che indossa sempre calze opache per nascondere i terribili segni delle ferite riportate, a seguito dell’esplosione nucleare di Hiroshima da cui era miracolosamente sopravvissuta: e fu lei a regalare all’Autore una teiera in ricordo di come ebbe a salvarsi.

Racconta Zucconi: “Mi disse che quando esplose la bomba ebbe molta fortuna e mi ha spiegato come accadde portandomi sul posto per camminare nelle strade di allora. All’epoca della catastrofe nucleare lei aveva 12 anni e lavorava in un’industria che fabbricava armamenti. Pur avendo la fissa della puntualità quel giorno fatidico arrivò in ritardo: fece una corsa affannosa e vide il tram sfuggirle di un soffio. Dovette aspettare quello successivo. Quel tram perso venne letteralmente disintegrato dopo l’esplosione e lei riuscì a salvarsi perché protetta da un alto edificio di cemento armato. Incontrò poi un medico che le diede un po’ di acqua e bende. Per farmi capire che cosa fu quella tragedia, mi mostrò il tessuto dell’uniforme della sua compagna di scuola vetrificata dall’esplosione e di cui rimase solo l’ombra. Le sue gambe sono martoriate dai cheloidi non riassorbibili a causa delle radiazioni . Mi consolò dicendomi “Voi occidentali non sareste qui se noi non vi avessimo fatto la guerra!”.

Buon viaggio, caro Vittorio!

Aggiornato il 03 giugno 2019 alle ore 11:36