Un libro sull’incontro tra culture simili ma diverse. Sette giorni in Grecia (Edizioni Becco Giallo, 191 pagine, 17 euro) è un romanzo di formazione, un saggio, una graphic novel, una colta guida turistica. Un testo un po’ greco e un po’ italiano fondato sull’idea inattuale e appassionata di “filotimia”. Lo firmano Emanuele Apostolidis e Isacco Saccoman. Il sottotitolo del libro è emblematico: “Quando e come ho scoperto di amare la mia terra d’origine”. Emanuele Apostolidis detto “Apos” è un 37enne di origine greca, nato a Schio (Vicenza), che, dopo la laurea in Biotecnologie, inizia a lavorare come sceneggiatore. Isacco Saccoman è un 32enne di Mira (Venezia), che, dopo avere frequentato l’Accademia di Belle Arti e la Scuola internazionale di Comics, a Padova, inizia la carriera di fumettista e illustratore freelance. Il libro, promosso dall’Associazione culturale “MondoGreco”, è stato presentato alla Taverna Greca “Akropolis” di Roma. In Via di San Francesco a Ripa. Nel cuore di Trastevere. Oltre ad “Apos”, sono intervenuti la presidente della Comunità ellenica di Roma e del Lazio Marinella Linardos, la scrittrice e poetessa Isabella Vincentini e il documentarista Carmelo Nicotra.

I monasteri delle Meteore, il borgo medievale di Malvasia, il paese dello spiedo di Kalivia, i feroci guardiani dell’isola di Delos, la veneziana Chania e l’isola degli ultracentenari di Ikaria. Quando l’autore accompagna la nonna Afrodite nel suo Paese natale, non si aspetta di scoprire un legame così profondo con le sue radici greche. E quando si immerge nella storia, nei luoghi, nella quotidianità di un popolo ferito dalla crisi ma fiero, capisce di non voler più andare via. Il libro racconta, in maniera avvincente, la Grecia, attraverso sette giorni e sette itinerari. La narrazione diverte ma porta ad un’inevitabile riflessione sulle proprie origini. Il protagonista del viaggio è lo stesso Emanuele. La sua è un’esperienza sensoriale che si conclude con una consapevolezza nuova: “Ora sono greco”, dice a sé stesso. Ogni capitolo è introdotto da un’epigrafe che omaggia i poeti greci. Il testo è attraversato da ironia e commozione, da ricordi e vita quotidiana. Attraverso i flashback, Sette giorni in Grecia mostra una storia, disegnata in celeste-greco, del padre di Emanuele, fuggito nel 1968 dalla Grecia umiliata dalla dittatura del regime dei colonnelli e arrivato in Italia per studiare Chimica industriale all’Università di Bologna. Ma narra anche le vicende della nonna dell’autore, disegnate in bianco e nero. Nella parte conclusiva, i disegni in celeste-greco diventano predominanti. Anche quando raccontano la storia del presente. L’intuizione cromatica degli autori testimonia la nuova consapevolezza delle radici greche dell’autore-personaggio.

 “Mi sono sempre sentito fuori posto – esordisce Apostolidis – sia in Italia che in Grecia. Ovunque. Poi ho sposato una donna che si è innamorata della Grecia. Così, ho deciso di condurre un percorso di ricerca che, per quanto mi riguarda, si è concluso felicemente. Ma non sempre va a buon fine”. Lo scrittore racconta la genesi del libro. “Il centro di questo mio testo – sostiene – è la crisi. Non la crisi greca. Ma la mia crisi interiore. Di greco italiano”.

Per Carmelo Nicotra, “il libro si presta a vari livelli di lettura. È un testo che racconta le straordinarie qualità del popolo greco. E il senso di umanità che si respira in Grecia è perfettamente sintetizzato nelle parole del grande poeta Ghiannis Ritsos: La Grecia nel mondo è una circolazione segreta, un’idea di solitudine e di comunità di beni”. Secondo Marinella Linardos, “è un racconto fresco, giovanile ma entusiasmante”. Per Isabella Vincentini, il libro “rivendica, orgogliosamente, il suo approccio sensoriale, tipicamente greco. La mentalità greca parla attraverso il visibile. Non l’invisibile. È un approccio fortemente pragmatico. All’insegna della concretezza degli oggetti e della realtà”.

Aggiornato il 08 marzo 2019 alle ore 16:20