Movimenti culturali a destra

Eppure qualcosa, nel campo della Cultura, a Destra, si muove. Due esempi, rari e preziosi, ma ci sono: “Antico Futuro” e “Cultura e Identità”. Altre non pervenute. Poco, certo, ma “poca favilla gran fiamma seconda” diceva Dante e con buona pace di Wu Ming; comunque dopo decenni di nulla nel campo è pur sempre qualcosa di cui non ci resta che seguire le vicende. Saggiamente, Marcello Veneziani ha invocato uno shock culturale per la ripresa della destra italiana, e gli fa sponda Pietrangelo Buttafuoco: «La destra al governo è stata una disgrazia. […] Se non ricordo male fu proprio la destra a eliminare dai licei l’insegnamento della storia dell’arte e della musica».

La “destra” si è sempre rivelata la peggior nemica di sé stessa e soprattutto della Cultura dopo aver creato il vuoto nelle nuove generazioni. Perché “Cultura” è sempre stata considerata un fastidio, nel Msi e ancor più in An, per tacere di tutte le altre strutture nate in seguito alla sua diaspora. L’attuale Destra è così divenuta troppo spesso priva di basi culturali, vere, solide, che non siano o un obsoleto revanscismo del Ventennio, di Fiume o simili in quanto tutto ciò che esula dal Novecento non è preso in considerazione, favorendo un mondo destinato all’entropia, votato ad eclissare apposta le migliori menti su piazza in quanto non omologabili, dove non saranno i miti ad ereditare la terra, ma i più ignoranti. L’Italia che ha creato la maggior parte del Bello, dell’Arte, della Cultura al mondo è così ridotta, anche grazie a questo non saper fare, a preda di avventurosi dilettanti lasciati liberi di agire esclusivamente in base al denaro e alla politica.

Il limite maggiore, forse dovuto a “non conoscenza”, è che non si riesce a vedere oltre il Fascismo. Tutto il milieu culturale di questa “destra”, è circoscritto ad un ventennio che dinanzi ai secoli non è che un soffio. Del resto sono sempre gli stessi politici che non abbiamo mai visto oltrepassare la soglia d’una mostra, neanche alle Scuderie del Quirinale, dove in più entrerebbero gratuitamente, a usare impropriamente la parola “cultura”. Quindi, possiamo aspettarci una formazione “culturale” da parte di chi ignora il proprio passato anteriore al 1922 e che non fa altro se non autoperpetuare un ricordo – sovente funebre – di sé stessa nei “mitici anni Settanta”?

Più che scuole di formazione politica, sarebbe bene ci fossero scuole dove s’insegni che la “destra” non nasce con la marcia su Roma. Sarebbe bene ricordare che la Tradizione d’un mondo che ha creato l’Arte, la Bellezza, l’Armonia, dalle sponde dell’Egeo sino alle coste dell’Irlanda, va conservata, ricordata e mantenuta viva perché “la maledizione dell’uomo è che egli dimentica”, altrimenti l’unica cosa che resta è soltanto il mantenimento dei propri – piccoli – stracci di potere.

La Cultura oggi fa paura a molti politici, tant’è che quando ne trattano è per cercare di appropriarsene mettendoci sopra un’etichetta, oppure si preferisce ignorarla, un po’ per ignoranza mai ammessa, un po’ perché essendo essa per sua stessa natura libera e liberatrice non può essere rinchiusa nei ristretti limiti di pensiero d’un partito.

Un mondo strano il nostro, che ormai ha terrore del Bello perché la Bellezza è impegnativa, l’Arte è impegnativa, contrariamente a quello che avveniva un tempo quando la Cultura era lo strumento principe della Politica. Non ci resta che attendere una nuova speranza per una “Civilità Italiana” che riporti la Cultura al centro della Politica e non più improvvisati in cerca d’una sistemazione.

Aggiornato il 21 gennaio 2019 alle ore 16:19