I troppi luoghi comuni che creano la vulgata dell’arte durane il Ventennio, possono essere facilmente fatti dimenticare dall’eccellente mostra che si sta svolgendo al Museo del Novecento di Milano: “Margherita Sarfatti. Segni, colori e luci a Milano“, sino al 24 febbraio prossimo, su Margherita Sarfatti, amante e musa del Duce, ma soprattutto donna straordinaria per intelligenza e conoscenza che, con la sua unica capacità, seppe dare al Fascismo anche un’importanza dominante nel campo dell’arte e della cultura.

È grazie a lei se il Regime ha dato all’Italia una pletora di straordinaria artisti, lei di origine ebraiche accetterà i Futuristi nel suo salotto milanese, ma sarà soprattutto il gruppo Novecento con Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Gian Emilio Malerba, Pietro Marussig, Ubaldo Oppi e Mario Sironi a dare chiara fama al suo genio e al suo talento, prima di abbandonare l’Italia a causa delle leggi razziali ed essere sostituita da Claretta Petacci nel cuore di Mussolini.

Donna d’avanguardia e di tradizione, Margherita, legata al più glorioso passato della Rinascenza italiana, dimostra alcune indubitabili realtà: Come già allora, tutt’altro che maschilista, il Regime diede pieni poteri cultuali a una donna che se ne dimostrò all’altezza e di come, dopo di allora, l’arte sia stata dimenticata dai movimenti di Destra del dopoguerra, finendo per diventare appannaggio della Sinistra ed essere infine considerata inutile. Il Fascismo non è il segno dell’arte sul pensiero della Sarfatti, che lo supera trascendendolo, anticipando attività culturali e di comunicazione di massa che oggi ci appaino consuete, non rinnegando il passato in nome di un imprecisato futuro, ma riattualizzandolo nell’allora presente tra le due guerre. Moderna, fascista forse, ma legata alla Tradizione più pura e nobile dell’arte nostra, donna esemplare di quella “Civilità Italiana” che illumina questo paese da tre millenni e che invece ai nostri giorni si va spegnendo, flebile lucignolo, a causa dell’ignoranza e dell’insipienza di amministratori e politici che hanno dimenticato la Bellezza, l’arte e la cultura per preferir loro interessi economici basati sull’accoglienza indiscriminata o su folli “redditi di cittadinanza”.

Margherita Sarfatti non si lasciò mai concupire dal démone del fanatismo politico, romantica utopista come lo furono Ruskin e Morris in Inghilterra, con la sua attività farà sì che l’Italia, fra le due guerre, potesse dar vita alla più importante espressione d’arte del Novecento, facendo coesistere in armonia tra loro la classicità aulica, la modernità delle meraviglie rinascimentali e barocche, ma soprattutto quella libertà che soltanto l’arte è in grado di dare, allora sotto una dittatura oggi, ancor di più, in quella che si vuole chiamare democrazia.

Aggiornato il 10 gennaio 2019 alle ore 16:19