Un viaggio nel Fascismo tutto da leggere

Da Sfascio a Fascio. La fascina dei caratteri umani, cioè, che unisce i diversi, i riottosi e i contrari. Li stringe, li imprigiona indissolubilmente con le minacce, la violenza e l’omologazione forzata dei sottomessi, dei paurosi per necessità e opportunismo: la vendetta dei vinti, insomma. Un mare di melma sanguinolenta che un masso enorme con il profilo del Duce del Fascismo espelle con la sua spinta ciclopica dai pori argillosi della terra. L’idea-nazione fascista, infatti, è la ribellione di una gigantesca roccia rimasta pura e incontaminata per millenni divenuta cava di marmo e di metalli per avidi speculatori, che convertono in denaro i beni naturali degli uomini. I nemici sono gigantesche termiti che scavano immense forre da cui estraggono la materia venale, per poi una volta divenute cave riempirle di spazzatura, di escrementi umani e spirituali fino a farle scoppiare. Di lì la rivolta, il terremoto delle forze di natura. Di lì folle di contadini diseredati, affamati, senza denti che passano dai Rossi, i quali parlano di rivoluzione senza mai chiamare alla vera ribellione gli ultimi della terra, ai Neri violentatori della Storia che, però, fanno meno paura della fame nera!

Nel testo di più di ottocento pagine di Antonio Scurati, “M. Il figlio del secolo” (Bompiani) c’è una straordinaria storia del fascismo, dal 1919 al 1924, scritta con il furore dell’Aruspice che vede oltre, mentre accumula decine di migliaia di pagine, di documenti originali, di articoli di giornale, di messaggi confidenziali, telegrammi, ordini di servizio e quanto altro che impongono alle vicende narrate una leggerezza fuori dal tempo e dallo spazio. Una vela costantemente gonfia di vento che solca tutti i mari possibili, ora tremebondi, ora in grande tempesta, ora calmi oltre ogni dire distesi sulle gambe aperte dell’ennesima amante. Perché la femmina ora è puledra, ora giovenca dai fianchi larghi, buona a filiare o da schienare in mancanza di meglio. Come la violenza delle camicie nere, intrise di sangue, fango, merda e sperma. Dai bordelli alle case del popolo ai casolari dei contadini alle sedi sindacali e ai municipi rossi, le camicie nere distruggono con loro, con i poveri proletari, il disfattismo, l’anti interventismo e tutto quello che sa di socialismo, di cooperativa sociale, di associazionismo per difendersi dai soprusi dei padroni agrari: i grandi pagatori di bastonature, assassinii, massacri di inermi in decine di province rurali del Nord e del Centro Italia.

M. è una cavalcata tragica, bellissima violenta compulsiva e rigurgitante di anima che mette in fila il genio di Mussolini con la sua incredibile capacità di addomesticare la storia e gli eventi, impadronendosi del potere con un colpo di mano, perché l’ignavia del monarca, le divisioni della sinistra e lo scontento popolare di milioni di reduci senza lavoro e senza futuro hanno incendiato la Casa Comune dello Stato, che va rimessa a posto a qualunque costo. Anche a dispetto del sogno dannunziano, con la sua bellissima, immaginaria e utopica Costituzione del Carnaro, con i suoi fanti in giarrettiera, gli artisti talentuosi e falliti, la libertà sessuale e quanto di più cosmopolita si potesse immaginare per il nuovo secolo. Lui, il Duce, che vince le elezioni con la legge truffa Acerbo. Mussolini che supera l’orrore etico, politico e umano dell’omicidio Matteotti rivendicandolo a sé come semplice incidente di percorso di un fascismo salvifico, mentre pensa a come liberarsi da tutta quella inutile, disgustosa e violenta marea nera. La grandiosità di Matteotti, la bellezza sua e della moglie. Le lotte politiche fratricide tra massimalisti, riformisti e comunisti. La magnifica interpretazione della Sarfatti, amante storica del Duce, che lo educa alla mondanità, ne cura l’immagine e l’intelletto. Un libro, quello di Scurati, che non può mancare da ogni biblioteca che si rispetti.

Aggiornato il 04 dicembre 2018 alle ore 12:28