In questo Paese, per tanti versi bellissimo, straordinario (e sventurato per come è stato ed è sgovernato) sono vissuti personaggi che lo hanno reso migliore; sono l’espressione di quello che l’Italia potrebbe essere; che a volte è stata; e tante volte – troppe – non riesce a essere. Un’Italia civile; una “Grand’Italia”, come con definizione felice la chiama Pier Franco Quaglieni che così ha voluto intitolare il suo ultimo libro (Golem editore, 200 pagine, 16 euro e 50 centesimi). Lo stesso Quaglieni è personaggio di raro conio: docente e saggista di storia risorgimentale e contemporanea, da sempre è l’anima, il cuore e il cervello del Centro Mario Pannunzio con sede a Torino. Il Centro Pannunzio è un meritorio, storico, sodalizio che dobbiamo al suo incessante impegno, e che in passato si è potuto avvalere dell’impegno e della passione di personalità del mondo laico e autenticamente liberale come Arrigo e Camillo Olivetti, Mario Soldati, Elena Croce. 

“Grand’Italia” si collega a un precedente volume di Quaglieni, “Figure dell’Italia civile”; e si può dire che i due volumi ne compongono uno solo: una grande antologia che meriterebbe di essere diffusa in scuole e biblioteche pubbliche: libri di memoria e di “sapere”: nel senso più vero e autentico, letterale. Un “sapere” che si ignora colpevolmente; colpevolmente si omette. La “Grand’Italia” di Quaglieni è composta da personaggi come Francesco Ruffini e Benedetto Croce, Adolfo Omodeo e Aldo Garosci, Leonardo Sciascia e Giovanni Arpino, Giuseppe Galasso e Carlo Antoni. Un’Italia, per rubare un’espressione di Marco Pannella, di “altri tempi, speriamo futuri”. I “ritratti” di Quaglieni sono scritti bene: uno stile semplice, chiaro, diretto, nitido, alieno da retoriche ed enfasi. Di ognuno Quaglieni recupera e valorizza opere e ruolo; con molti di loro ha intrattenuto rapporti di amicizia, ha avuto modo di conoscerli, apprezzarli personalmente. Nel “ritratto” c’è il gusto del particolare che qualifica, “descrive”, ma anche il respiro dello storico, mai partigiano, che cerca di comprendere e spiegare.

È un libro che ci aiuta a superare pregiudizi e incrostazioni ideologiche. Penso alle pagine dedicate al presidente Giuseppe Saragat, a Umberto Agnelli, a Giovannino Guareschi. Le commoventi pagine dedicate a Bruno Caccia. Ci si può domandare cosa mai abbiano da spartire personaggi indubbiamente diversi: Giovanni Sartori e Giovanni Franzoni, Giorgio Albertazzi e Oriana Fallaci, Rita Levi Montalcini e Umberto Eco; in comune, al di là delle posizioni contingenti discutibili certamente, e legittimamente non condivisibili, tutti e trentuno i personaggi in comune hanno quella che si può definire “autonomia del pensiero”.

Gli spagnoli dicono: “hombre vertical”, e così intendono persone che non scendono a compromessi, capaci come sono di sostenere le loro opinioni, “persone tutte d’un pezzo”. I “protagonisti” di Quaglieni sono questo tipo di persone. Bellissimo, infine, l’inedito di Mario Soldati su Pannunzio, pubblicato in appendice. Uno scritto che si restituisce l’aria, l’atmosfera di quei giorni densi di “amicizie fantastiche” e straordinarie. Pagine che aiutano a contenere l’amarezza, che Quaglieni esprime nelle prime righe dell’introduzione: “Si tratta di ritratti agili, rivolti a chi desideri conoscere personaggi importanti o rinverdirne il ricordo. Una particolare attenzione dedico ai giovani che debbono riappropriarsi di pagine di storia troppo presto dimenticate soprattutto nella scuola e nel giornalismo odierni, per non parlare della televisione”.

Aggiornato il 30 novembre 2018 alle ore 13:43