Cos’è il liberalismo? Risponde Corrado Ocone

Sembra una contraddizione in adjecto voler definire il pensiero liberale, ciò che per sua stessa essenza sfugge da ogni tentativo di classificazione o vincolo di necessità. La ricerca di un fondamento, per il liberalismo, è forse opera vana, quantomeno titanica. Di sicuro, “il liberalismo non ha un padre”, anche se ha grandi ispiratori tra cui emerge, cronologicamente, John Locke nella sua difesa dell’autonomia del singolo contro le spire del Leviathan hobbesiano e dalla prorompente (e latente) forza insita nella collettività, perlomeno nei suoi aspetti più terribili e oscuri.

Al di là dei contesti storici e sociali, dei riferimenti politici e ideologici, il liberalismo è quello spazio del pensiero che più si approssima alla variabilità dell’esistenza, nella sua poliforme progettualità, unica e irripetibile per ciascun essere umano.

Che cos’è il liberalismo? Ha cercato di dare una risposta all’appassionante domanda Corrado Ocone, nel suo nuovo libro “La cultura liberale - Breviario per il nuovo secolo” (Giubilei Regnani), presentato nei giorni scorsi presso il Centro studi americani con la partecipazione di Francesco Rutelli, Maurizio Gasparri, Daniele Capezzone e l’editore Francesco Giubilei, con il saluto di Paolo Messa, direttore del Centro. I relatori hanno analizzato la situazione del liberalismo nel contesto politico italiano, che da sempre lamenta un deficit di presenza di liberali all’interno dei partiti politici di massa.

Daniele Capezzone ha osservato come nel nostro tempo, fatto di tweet e comunicazione veloce, i liberali debbano saper ascoltare il popolo. L’élite liberale non deve estraniarsi dalla vita reale, dai problemi e dalle aspirazioni dei cittadini. “Va immaginata una nuova alleanza tra élite e il popolo”. Capezzone ha inoltre osservato come l’Occidente debba liberarsi anche da un complesso di colpa derivante dal fatto che l’Occidente stesso ha puntato su democrazia e libero mercato, cosa di cui una parte dell’élite si vergogna. “Dovremmo essere orgogliosi di questa condizione, invece si tende a cercare altri principi, come il multiculturalismo o il terzomondismo, che allevino questo senso di colpa”.

Il senatore Maurizio Gasparri ha osservato come in Italia vengano invocati principi liberali, si richiami l’urgenza di un partito liberale di massa da più parti, eppure non si vive concretamente la condizione liberale. Vale a dire, fino a quando le ragioni della cultura liberale, che sono poi quelle del merito e del rispetto dell’autonomia individuale, non confliggono con gli interessi particolari, tutto bene; poi, quando si tocca il singolo, il privilegio più o meno grande, ecco che viene fuori l’eccezione. Insomma, “si è liberali per conto terzi”. Gasparri si è anche soffermato sul problema della concorrenza leale nel tempo dell’e-commerce e dell’economia digitale, sottolineando l’importanza dei negozi tradizionali per la tenuta dell’economia.

Infine è stata la volta dell’ex sindaco di Roma, Francesco Rutelli, che ha citato Hanna Arendt e la definizione della filosofa secondo cui la politica è la capacità di dare un inizio - la politica è collegata con la parola greca archein, che vuol dire iniziare, per l’appunto - ha osservato come il libro di Corrado Ocone renda un servizio prezioso, testimoniando la difficoltà di ottenere una definizione di cosa sia la cultura liberale. La stessa parola ha molte interpretazioni: in America i liberal sono la sinistra del partito democratico; in Francia la stessa parola significa destra - il liberal francese si avvicina al liberista italiano. “Questa difficoltà di definizione si accompagna a un problema di ricezione da parte del grande pubblico”. Rutelli ha osservato come “la grande forza della democrazia liberale sia la capacità critica di trasformare la realtà, per trascenderla e migliorarla”.

Il libro di Ocone è un’ermeneutica del liberale, e ci dà diversi spunti di riflessione. In questa interpretazione la sola cosa sicura - come lo stesso autore ha affermato - è che il liberale non può essere un fazioso: deve sempre cercare di comprendere il discorso dell’altro. È questa la forza del liberalismo, che si adatta alla vita degli uomini senza chiedere molto in cambio. Se non essere se stessi. Perché in fondo, essere liberali, vuol dire anche essere capaci di riconoscere la propria interiorità, far valere la propria unicità a dispetto delle mille contingenze della vita in cui siamo immersi.

Aggiornato il 27 novembre 2018 alle ore 13:46