La scomparsa di Bertolucci, un maestro del Novecento

È stato uno dei più grandi registi di tutti i tempi. Un autentico maestro del cinema del Novecento. È scomparso a 77 anni Bernardo Bertolucci. Poeta, regista e produttore, autore di capolavori come “Ultimo tango a Parigi”, “Novecento” e “L’ultimo imperatore”. Un cineasta che, grazie al suo coraggio polemico e alla sua sfrontata poesia intimista, ha incantato generazioni di cinefili di tutto il mondo. Bertolucci è morto a Roma dopo una lunga malattia. È venuto a mancare nella sua casa di Trastevere, a seguito di una crisi respiratoria. L’ultimo saluto dovrebbe avvenire in una cerimonia privata. Si sta pensando ad un omaggio in Campidoglio, dove domani, dalle ore 10 alle 19, nella Sala della Protomoteca, verrà allestita la camera ardente.

Bertoloucci nasce a Parma il 16 marzo del 1941, in una casa vicina alla tenuta in cui ha vissuto Giuseppe Verdi. Primogenito del poeta Attilio Bertolucci, e fratello del regista cinematografico Giuseppe, il giovane Bernardo pubblica la sua prima raccolta di poesie dal titolo “In cerca del mistero”. Ottiene il premio Viareggio opera prima nel 1962. Il futuro cineasta conosce l’artista “totale” Pier Paolo Pasolini. Diventa suo assistente per il capolavoro “Accattone”. È lo stesso Pasolini a coadiuvarlo nella sceneggiatura dell’esordio cinematografico: “La commare secca”, del 1963. Così Bertolucci entra dalla “porta principale” del cinema. Un anno dopo gira “Prima della rivoluzione”, interpretato da Adriana Asti. Insieme a Sergio Leone e a Dario Argento, Bertolucci firma il soggetto di “C’era una volta il West”. Nel 1970, per la Rai, gira un raffinato gioiello, “Strategia del ragno”, ispirato a Jorge Luis Borges. Nello stesso anno firma uno dei suoi capolavori riconosciuti: “Il conformista”, dal romanzo omonimo di Moravia. Bertolucci, regista-cinefilo, girando “Ultimo tango a Parigi”, scrive il suo atto d’amore alla Nouvelle Vague.

È un omaggio all’arte istrionica di Marlon Brando e alla femminilità conturbante di una sconosciuta Maria Schneider. È il film scandalo. Per le immagini di una esplicita sessualità, il regista subisce una condanna. Gli viene ritirato per cinque anni il diritto di voto. “Amavo e amo la libertà – ha detto Bertolucci – e sono sempre stato contro ogni forma di censura. Allora pensavo che il mio destino fosse accomunato a quello di Pasolini e mi sentivo un eroe maledetto. Oggi la vedo diversamente, ma se il mio film ha qualche merito, ci conto anche quello di aver infranto tabù anacronistici”.

Il successo gli consente di girare “Novecento”, un film che racconta cinquant’anni di storia padana, popolato da uno stuolo di star internazionali: Robert De Niro, Gérard Depardieu, Burt Lancaster, Donald Sutherland, Dominique Sanda, Alida Valli, Stefania Sandrelli, Sterling Hayden, Romolo Valli. La pellicola pone le basi del “gigantismo” di Bertolucci. Infatti, il regista gira il leggendario “Ultimo Imperatore” che, nel 1988, trionfa nella Notte degli Oscar, premiato con ben nove statuette, tra cui quelle per il miglior film, miglior regista e miglior sceneggiatura non originale. Seguono “Il tè nel deserto” (1990) e “Piccolo buddha” (1993). Nel 2003 Bertolucci, con “The Dreamers”, gira la sua utopia cinefilo-politica. Nel 2007 gli viene conferito il Leone d’oro alla carriera alla 64ª Mostra del cinema di Venezia e nel 2011 la Palma d’oro onoraria al 64º festival di Cannes. L’ultimo film del regista è “Io e te” del 2012, tratto dal romanzo di Nicolò Ammanniti. “Io – ha affermato Bertolucci – continuo ad avere l’illusione che un giorno le culture si innamoreranno una dell’altra. Credo fortemente nell’innamoramento delle culture anche se in realtà in Italia vediamo che, per esempio, tutto questo è rifiutato. Lo vediamo con l’aumento della xenofobia”.

 

Aggiornato il 27 novembre 2018 alle ore 14:05