Il rinascimento di Sgarbi e il tempio di Selinunte

Aveva fondato una specie di partito, che doveva presentarsi alle elezioni siciliane. Il nome era imponente e forse un po’ pretenzioso. L’idea però era buona. Anzi, ottima. Un partito della cultura e della bellezza. Niente di estetizzante, ma vera politica avente come mezzo e fine il patrimonio nazionale: il “Partito del Rinascimento”.

Vittorio Sgarbi, l’ideatore, rinunciò, pare, a presentare la lista autonoma. Confluì nell’alleanza di centrodestra, per modo che il suo apporto elettorale, stimato tra il cinque e dieci per cento, contribuendo alla vittoria di Nello Musumeci, gli avrebbe dato diritto alla carica di assessore alla Cultura della Sicilia. Così andarono le cose. Mai la Regione ebbe un assessore più appropriato per competenza. Tanto vero che, e specialmente per quanto sta a cuore anche a me da decenni, tra le proposte del neoassessore spiccò subito la straordinaria decisione di rimettere in piedi il “Tempio G” di Selinunte, una meraviglia che, quasi completa ma smembrata, giace lì da venticinque secoli tra le erbacce delle antiche rovine. I detrattori del progetto l’hanno giudicato un “pallino” di Sgarbi, mentre il proposito risale a decenni fa. Ricordo solo che fu “il pallino” anche del grande storico, liberale e siciliano, Rosario Romeo. Aggiungo, incidentalmente, che una Regione dissipatrice come la Sicilia, che sperpera smodatamente soldi erariali nelle più fallimentari e inutili operazioni, non ha trovato in settant’anni né i denari né la voglia per compiere l’impresa.

È notizia dell’ultim’ora che Sgarbi sarebbe in rotta con Musumeci, che addirittura penserebbe di revocargli l’incarico. Sgarbi, infatti, ha dichiarato: “Mi hanno cacciato e me ne andrò a maggio”. Non manca però chi insinua che Sgarbi, la decisione di dimettersi, l’abbia maturata a causa della recente elezione a deputato al Parlamento. Il futuro della disputa è sulle ginocchia di quel Giove (rectius, Zeus) a cui era appunto dedicato il tempio da ricostruire. Riguardo a tale eccezionale questione, può essere utile aggiungere che, avendo incontrato Sgarbi alla presentazione del suo bellissimo spettacolo su Michelangelo, l’ho spronato a non desistere, a realizzare il progetto, lusingandolo col sussurrargli che gli avrebbe garantito una fama da farlo passare alla storia generale, molto più dei suoi libri, che gliela procurano già nell’ambito della critica artistica. E qui direi pure che un certo Erostrato è tuttora ricordato perché incendiò il tempio di Artemide a Efeso, una delle sette meraviglie dell’antichità. Lo distrusse sol perché ambiva a diventare famoso nei secoli, come gli è riuscito alla perfezione. Dunque, a maggior ragione, eguale notorietà dovrebb’essere parimenti assicurata a chi un tempio lo ricostruisce.

Ora vorrei rinnovare a Sgarbi l’appello a perseguire l’obiettivo, che è degno del suo “Partito del Rinascimento” e che potrebbe segnare, metaforicamente e realmente, la rinascita della Sicilia. Sgarbi è già stato deputato. Sa che dal Parlamento, per quanto riuscirà a fare per la realizzazione del progetto, non potrà firmarlo. Non ne avrà le competenze istituzionali. Qualcuno a Palermo saprà sempre mettersi di traverso, ritardarlo, affossarlo. La trincea per difenderlo è nella Giunta regionale, nell’assessorato che annuncia di dover (o voler?) abbandonare. Ne vale la pena, per un seggio parlamentare? Non la vale, né per lui, né per la Sicilia, né per l’Italia. Anche se è amaro, amarissimo, constatare che i media, pieni come sono di paginate sugli arzigogoli della politica politicante, al tempio di Selinunte ed al significato politico, con la “P” maiuscola, della sua riedificazione, sono del tutto disinteressati.

Aggiornato il 20 marzo 2018 alle ore 15:09