Il mestiere dell’attore secondo Willem Dafoe

giovedì 22 febbraio 2018


A Berlino irrompe Willem Dafoe. L’interprete americano, premiato con l’Orso d’oro alla carriera, ha parlato del mestiere dell’attore. Per Dafoe, “grandi produzioni o opere indipendenti non fa differenza: quello che conta è che ogni film riesca a cambiare lo sguardo sul mondo che avevo fino a quel punto”. È questo l’obiettivo di Dafoe, nominato agli Oscar come Migliore attore non protagonista per “The Florida Project” di Sean Baker, nelle sale italiane dal 29 marzo.

“I titoli dei miei film – ha ricordato Dafoe − sono quelli dei capitoli della mia vita. Anche se mi sono sempre sentito un attore di teatro. Poi, un giorno, William Friedkin venne da me per dirmi che stava preparando un film che voleva assolutamente fosse recitato da volti sconosciuti. Solo così, questa la sua tesi, lo spettatore può immedesimarsi nel suo personaggio senza riserve. Questo approccio è uno strumento che ho fatto mio da allora”.

Dafoe, da spettatore trova “affascinante non sapere nulla dell’interprete. Ovviamente è assurdo immaginare di presentarmi oggi da sconosciuto davanti a una macchina da presa. Ma è quello che mi aspetto dai lavori degli altri se devono conquistarmi. Nel recente “The Florida Project”, la mia aspettativa si è addirittura concretizzata, in quanto sono circondato da un cast di attori non professionisti. Persone meravigliose, ma non attori. Un’esperienza di grande ispirazione”.

Dafoe ha parlato del suo approccio al ruolo di Bobby, il supervisore del motel. “Il mio personaggio – ha detto l’attore − è responsabile per l’ordine e il funzionamento delle cose. Il mio approccio al ruolo è stato così molto pragmatico e tranquillo. Naturalmente non intervenivo quando c’erano i momenti di gioia incontrollata dei bambini. Lì stavo a osservare. E fermavo il mio lavoro”.


di Eugenio De Bartolis